Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
La popolare enciclopedia online si trasformerà presto in un motore di ricerca e farà concorrenza al colosso delle ricerche in rete, Google. Tra gli sponsor ci sarebbero anche Amazon e Marc Andreesen, inventore del browser Netscape e pioniere della New economy. Secondo quanto dichiarato da Wales, sarebbero già stati raccolti 4 miliardi di dollari per mettere in piedi la nuova idea. “Finanziare poi il nuovo portale attraverso le entrate pubblicitarie sarà la parte più semplice dell’intera operazione”, ha aggiunto fiducioso Jimmi Wales. Il nuovo motore di ricerca si chiamerà Wiki Search e avrà sede nella californiana San Mateo dove 40 programmatori stanno già lavorando alla messa a punto della nuova Wiki che potrebbe vedere la luce già entro la fine dell’anno.
Via Pubblicità Italia
Un'indagine della Ue rivela che le vendite via Internet sono sempre più importanti per il commercio al dettaglio. Ma riguardano soprattutto il mercato interno. Le vendite via Internet sembrano diventate un fattore decisivo per lo sviluppo del mercato interno del commercio al dettaglio; interessano ormai il 57% dei dettaglianti, ma per più di due terzi di essi le vendite avvengono esclusivamente entro le frontiere nazionali e per il restante 29% le vendite all'estero riguardano solo uno o due altri Stati membri. I dettaglianti che nella Ue desiderano estendere la loro attività all'estero sono però ben più numerosi: il 48% di essi si dichiara disposto a farlo. Sono questi i risultati di un sondaggio Eurobarometro effettuato tra le imprese, pubblicati dalla Commissione europea in concomitanza con l'apertura di una consultazione pubblica sulle normative vigenti in materia di tutela dei consumatori.
Il mercato europeo della vendita diretta delle imprese ai consumatori incontra ancora grossi ostacoli, in particolare l'insicurezza delle transazioni e le differenze tra i paesi per quel che riguarda i regimi fiscali e le norme che tutelano i consumatori. Il 43% dei dettaglianti ritiene che il volume delle loro vendite all'estero potrebbe aumentare se nella Ue i diritti dei consumatori fossero regolamentati da norme comuni. L'inchiesta è stata realizzata presso oltre 6.600 dirigenti di imprese con almeno 10 dipendenti e un'attività di vendita diretta al dettaglio (per il 97% Pmi). Il 29% di esse effettua già operazioni transfrontaliere e il 48% si è detto disposto a vendere ai consumatori di altri paesi della Ue. Il 66% opera esclusivamente sul mercato nazionale e solo il 19% promuove o pubblicizza la propria attività all'estero.
Per il 61% degli imprenditori che hanno partecipato al sondaggio il principale ostacolo al commercio transfrontaliero è l'insicurezza delle transazioni. Seguono le differenze di regime fiscale (58%), le difficoltà che possono sorgere nella risoluzione delle controversie (57%), le differenze tra le legislazioni nazionali in materia di diritti dei consumatori (55%), la difficoltà di garantire il servizio dopo vendita (55%) e i maggiori costi di consegna (51%). Meno importanti sono considerati i problemi di lingua (43%). I risultati del sondaggio concordano con quelli dell'altra inchiesta Eurobarometro realizzata nel 2006 sull'atteggiamento dei consumatori nei confronti del commercio transfrontaliero, secondo cui il 27% dei cittadini nel corso dell'anno precedente ha acquistato on line un prodotto o un servizio, ma solo il 6% ha fatto un acquisto all'estero.
Via Smaunews.it
Adesso sappiamo cosa hanno fatto i fondatori di Skype con la loro parte dei miliardi di euro incassati con la vendita di Skype a eBay...
Entro quest'anno Janus Friis e Niklas Zennstrom lanceranno la loro nuova iniziativa imprenditoriale: una TV via IP (ovvero visibile su Internet).
Disponibile a condizione di disporre di banda larga e di un computer Windows (pare con una CPU molto robusta), viene dichiarato che stanno alacremente lavorando per una versione Mac (aspetterò quella) anche se è già possibile usare il software sui Mac Intel usando Parallel (e quindi facendo funzionare il Mac sotto Windows). All'orizzonte (più lontano?) anche una versione Linux.
Il canale si finanzierà nel più classico dei modi: con la pubblicità. Caratteristica del canale sarà anche il fare leva sull'aspetto delle social communities, sulla personalizzazione dei canali, sull'integrazione di forum di discussione.
Già Warner Music dovrebbe essere pronta ad acquistare spazi su questa nuova TV e a creare canali volti a promuovere i gruppi musicali della sua scuderia.
La TV è in fase di beta test (pare ci siano dei problemini di qualità di video, di interfaccia utente, di uso pesantissimo delle risorse del PC) - se volete essere tra i tester potete iscrivervi sul sito... o farvi invitare da altri tester, attraverso un sistema virale copiato da quello di Gmail, dove i membri avevano il potere di invitare un certo numero di altri membri.
Una breve considerazione: di iniziative di IPTV ce ne sono non poche (io uso abbastanza spesso Democracy). Se the Venice project gode di cosi' tanto buzz da venir ripreso più volte anche dal Financial Times, non sarà che fanno più notizia i suoi fondatori che la bontà del progetto ? (vedi alla voce fumo/arrosto o celebrità del cuoco/qualità del ristorante)
Links di approfondimento: Financial Times 1 Financial Times 2 Il sito del progetto Impressioni d'uso e screenshots
Una ricerca dell'European interactive advertising association analizza tendenze e modelli di spesa online degli europei . Chi naviga su Internet oggi acquista di più. E' quanto sostiene una nuova ricerca della European interactive advertising association (Eiaa) che rileva anche una maggior fiducia in specifici settori da parte dei consumatori. Lo studio Eiaa Mediascope Europe 2006 analizza tendenze e modelli di spesa degli europei che acquistano online. La ricerca evidenzia le categorie di prodotto con il tasso di conversione più alto e indica i settori in cui la fiducia dei consumatori cresce più velocemente. Lo studio ha rilevato anche che il tasso di conversione anno su anno più alto si è registrato per i telefoni cellulari (+23%), seguito dai download di musica (+16%), dagli accessori per auto (+15%) e dall'arredamento (+14%). La ricerca indica che il maggior successo di vendita si ha per i biglietti di concerti/festival: tre quarti (75%) delle persone che effettuano ricerche online li acquistano; anche biglietti di viaggio (72%), libri (71%) e abbigliamento (70%) hanno alti tassi di conversione. In linea di massima, lo studio rileva che il 78% degli utenti Internet europei acquistano online, hanno speso una media di 750 euro per acquistare dieci articoli in soli sei mesi, con una crescita dell'11% rispetto al 2005. Uk e paesi scandinavi sono in testa sia per somme spese che per numero di acquisti online, mentre i tedeschi in cerca di occasioni si sono assicurati un alto numero di acquisti con una spesa decisamente inferiore. Gli italiani con sette acquisti al mese sono in linea con olandesi e norvegesi ma rispetto a questi spendono meno visto che si fermano a 454 euro contro i 681 degli olandesi i 1406 dei norvegesi. Meno del'Italia fa solo la Spagna che con cinque articoli acquistati spende 452 euro. Chi fa acquisti online utilizza anche i siti per il confronto dei prezzi per trovare l'occasione migliore facendo meno fatica possibile. Gli olandesi sono quelli che cercano più assiduamente le occasioni: oltre la metà (54%) confronta i prezzi online almeno una volta al mese; i tedeschi (50%) e i francesi (50%) seguono a ruota. I siti di aste sono molto popolari tra i consumatori tedeschi e britannici, dato che rispettivamente il 62% e il 49% di loro li visitano almeno una volta al mese. Il 49% li visita almeno una volta al mese, molto di più di quanto non faccia l'europeo medio (41%). Chi fa acquisti online utilizza Internet molto di più del consumatore medio e passa online fino a 11,9 ore a settimana, mentre la media europea è di 11,3 ore. Il 98% degli europei che acquistano online utilizzano Internet durante la settimana, ma l'82% si collega anche nei week end (rispetto al 79% di tutti gli utenti Internet), percentuale che sale ad uno strabiliante 92% in Francia. Chi fa acquisti online passa meno tempo a guardare la TV e visita un maggior numero di siti, soprattutto di banche e servizi finanziari (56% rispetto al 50% di tutti gli utenti Internet), di confronto prezzi (43% contro 38%) e di aste (41% contro 36%). Inoltre, quasi i tre quarti di coloro che fanno acquisti online dichiarano che Internet permette loro di trovare quello che vogliono in fretta facendo risparmiare tempo
Via Smaunews.it
L'annuncio a Davos dal fondatore del servizio di condivisione video I filmati conterranno pubblicità. Nei prossimi mesi i dettagli
YouTube condividerà i propri ricavi con i propri utenti. L'annuncio è stato dato a Davos, nel corso del World Economic Forum, da Chad Hurley, cofondatore della piattaforma acquistata da Google per 1,65 miliardi di dollari. Hurley ha illustrato, a grandi linee, il progetto che porterà a guadagnare anche chi usa il sito.
Ci vorranno un paio di mesi, alla fine dei quali il sistema permetterà agli utenti che inviano i filmati di avere diritto a una parte dei ricavi pubblicitari. L'offerta, una forma di "creatività ricompensata", interesserà esclusivamente coloro che detengono il copyright dei video pubblicati in rete.
"Nei mesi a venire - ha spiegato Hurley alla Bbc durante l'incontro dedicato al "social networking" - faremo esperimenti per vedere come la gente interagisce con questi annunci per costruire un modello efficace destinato sia agli utenti che ai pubblicitari".
La tecnologia attualmente allo studio, sulla quale non sono stati forniti altri dettagli, aggiungerà un breve spot (di circa tre secondi) in testa al video "uploadato" su YouTube dagli autori stessi. Il sistema, già in uso su altri siti, verrà ora adottato dal numero uno in assoluto per quanto riguarda il "video sharing", al momento l'unico che vanta un'audience di più di 70 milioni di utenti al mese.
Via Marketing Journal
MySpace.com è pronta a sbarcare in Cina. Il magnate dei media, Rupert Murdoch, si starebbe preparando a lanciare il popolare sito di networking anche nella Repubblica cinese. Secondo indiscrezioni di stampa News Corp, il gruppo media guidato da Murdoch, avrebbe avviato le trattative per ottenere le necessarie licenze internet. Il nuovo progetto potrebbe vedere la luce già nel giro di qualche mese e avrà il suo quartier generale a Pechino. News Corp deterrà una quota inferiore al 50% e all’operazione parteciperà anche il fondo IDG-Accel China Growth Fund, controllato dalla International Data Group Technology Venture Investment. Il principale candidato a ricoprire il ruolo di Ceo della versione cinese di MySpace.com è Luo Chuan, già alto dirigente di Microsoft. MySpace vanta oggi 130 milioni di user in rapida crescita in tutto il mondo. La piattaforma è stata acquisita da Murdoch nel 2005 per 580 milioni di dollari.
Via Pubblicità Italia
Pronto il primo motore di ricerca per anziani. La guida per seniores si chiama Cranky.com e condurrà per la rete le persone con più di 50anni. Il progetto è nato dalla collaborazione del gruppo media americano Eons e della società di ricerce di mercato Compete. Si fonda sull’idea che le persone di una certa età non hanno lo stesso approccio alla rete di chi è giovane e per questo i risultati devono essere selezionati e tarati per soddisfare la facia di età di chi è meno giovane e meno allenato alle tante informazioni che arrivano dal web. Come ha spiegato, Jeff Taylor, il fondatore del google per chi ha i capelli grigi: è molto semplice avviare la ricerca “viaggio in Cina” con uno dei grandi motori della rete. E’ difficile invece orientarsi tra i 60 milioni di risultati ottenuti. Ai suoi user Cranky faciliterà il lavoro fornendo soltanto quattro risultati a ricerca.
Via Pubblicità Italia
I dati sono impressionanti e danno da pensare: ogni giorno 40 milioni di utenti Internet in America (circa un terzo del totale) naviga sul web senza uno scopo particolare se non quello di passare il tempo e di divertirsi (possibilmente). Il recente studio curato da Pew Internet life ci dice che la ricerca di divertimento è la terza attività più popolare tra gli utenti della Rete, alle spalle solo dello scambio di email e delle ricerche sui motori. E il fenomeno non riguarda solo i giovani, i teen-agers come sarebbe logico attendersi: una recente indagine curata da eMarketer dimostra ad esempio che la metà dei frequentatori di YouTube ha più di 35 anni.
Si tratta di un trend assolutamente rilevante se è vero che questo numero di utenti “goderecci” si è raddoppiato nel corso di un paio d’anni. L’ affermarsi di siti di user generated content (come YouTube e I-tune) dove è possibile scaricare e scambiare filmati, musica, animazioni ecc in modo anche del tutto gratuito ha rappresentato un fattore rilevante nell’alimentare questa tendenza; lo stesso grande sviluppo che hanno avuto i cd social networking (come ad esempio MySpace e LinkedIn) dove gli utenti sono invogliati a relazionarsi anche in modo molto informale per conoscersi, scambiarsi esperienze, passioni, ecc. Come fattore di facilitazione rispetto a questo fenomeno dobbiamo anche segnalare il diffondersi molto rapido di connessioni ad alta velocità che consentono di scaricare ( e caricare) files da Internet anche di dimensione molto consistente in tempi relativamente brevi.
Nonostante l’enorme successo riscosso da siti di user generated content e social networking, gli investimenti pubblicitari in questi settori sono ancora molto modesti: si stima che nel 2006 saranno spesi negli USA 16 miliardi di dollari in advertising online con una straordinaria crescita del 33% rispetto al 2005. Ebbene solo l’ 1,75% di questo ammontare (pari a 280 milioni di dollari) riguarda questa tipologia di siti.
Perchè le agenzie e le aziende sono ancora così riluttanti a investire su questi fenomeni ? Ci sono due motivi fondamentali: il primo è che il modello del classico online advertisment (banner, intestitial, link sponsorizzato, ecc) non funziona bene in questo tipo di siti; il secondo è che postare un commento o inserire un filmato o effettuare qualsiasi altra attività in queste community è un rischio che la maggior parte delle aziende non vuole assumersi. Potremmo dire con un linguaggio un po’ colorito che “non vogliono sputtanarsi”; in realtà temono spesso le reazioni che gli utenti della Rete potrebbero avere su un determinato prodotto o servizio, magari attivando spirali di viral marketing negativo.
Peraltro i primi tentativi di comunicazione commerciale all’interno di questi siti, studiata in maniera specifica rispetto alle dinamiche delle varie community, hanno avuto esiti molto promettenti: è il caso ad esempio della campagna effettuata su MySpace per promuovere il film Clerks 2. I primi 10.000 che avessero segnalato il film ad un amico avrebbero avuto l’onore di vedere il loro nome nei titoli di coda; ebbene nel giro di 6 ore ben 180.000 persone hanno effettuato questa segnalazione nella speranza di poter “apparire” come supporters del film.
Secondo molti analisti, vi è un gap evidente tra quello che gli esperti di web marketing e gli investitori pubblicitari credono siano le motivazioni degli utenti di queste comunità virtuali e invece il comportamento reale online: sfruttando la facilità di interazione di Internet e la velocità del passa-parola ci sono enormi possibilità di veicolare messaggi su prodotti, servizi, iniziative delle aziende. Bisogna però avere l’umiltà e l’attenzione di inserirsi in qualità di utenti nei social network o nelle altre community per capire bene quali sono i meccanismi individuali e collettivi per poi poter proporre una propria iniziativa commerciale che potrebbe riscuotere anche un grande successo.
Marco De Alberti
L'osservatorio del Politecnico di Milano stima una crescita del 40% per i negozi online specializzati nell'It e nell'elettronica di consumoIt ed elettronica di consumo sul Web viaggiano a gonfie vele. Secondo i dati dell'osservatorio sull'e-commerce del Politecnico di Milano il 2006 dovrebbe chiudersi con una crescita del 40% per i negozi online specializzati nell'high tech che dovrebbero registrare un fatturato di poco superiore ai 430 milioni di euro. Non cambia rispetto al 2005 l'incidenza sulle vendite complessive che staziona attorno all'11%, mentre il tasso di penetrazione su totale retail del comparto è attorno al 3%.Secondo le stime del Politecnico, i negozi online quest'anno dovrebbero evadere circa 2,5 milioni di ordini con uno scontrino medio di 180 euro in calo del 15% rispetto allo scorso anno. Il calo si spiega anche con la crescita delle vendite di consumabili e accessori, ma anche con l'aumento del numero di negozi di eBay che vendono prodotti informatici e che di solito hanno scontrini medi con un valore inferiore rispetto agli altri punti vendita sul Web.Gran parte del mercato rimarrà nelle mani dei pure player (i negozi solo online) e dei pochi operatori della distribuzione moderna che hanno deciso di investire su Internet. Il settore rimane comunque uno dei più concorrenziali. I primi cinque operatori hanno una quota del 36% delle vendite, la più bassa fra i vari comparti presenti in rete. Una situazione che mette sempre più a rischio la marginalità degli operatori. Secondo il rapporto, infatti, pochissimi nomi riescono a raggiungere volumi di vendita tali da avere un seppur basso potere negoziale nei confronti dei fornitori.Per questo gli operatori cercano di non affidarsi completamente a un modello di virtual reseller puro, ma cercare per quanto possibile di operare secondo una logica mista, accettando di non acquistare solo sul venduto e cogliere occasioni di acquisto con margini più interessanti. Altri cercano di allargare la gamma di prodotti puntando anche su sport e tempo libero, fai da te e salute che garantiscono margini più elevati, mentre un'altra strada è rappresentata dalle iniziative cross & up selling sul modello di Pixmania. In pratica per ogni prodotto che il cliente mette nel carrello vengono proposti upgrade e accessori che garantiscono qualche punto percentuale in più di margine.I principali negozi online
BowFatturato 2005: 9,5 milioni (+27%)Fatturato 2006: 15 milioni (stima)Assortimento: 6.500 referenzeGruppo ChlFatturato 2005: 31 milioni di euroAssortimento: 8.000 prodottiePriceAssortimento: oltre 37.000 codiciFatturato 2005: 18 milioniFatturato 2006: 25 milioni (stima)MallteamFatturato 2005: 16 milioni (+75%)Fatturato 2006: 18 milioni (stima)Assortimento: 24.000 referenzeMediamarketFatturato 2005: 32,4 milioni (+15,2%)Assortimento: 3.000 articoliMonclickFatturato 2005: 3,8 milioniFatturato 2006: 18-19 milioni (stima)MrPriceFatturato 2005: 23 milioni (+10%)Fatturato 2006: 28 milioni (stima)Assortimento: oltre 10.000 codici Luigi Ferro
Si parla molto in questi giorni di contenuti prodotti da privati cittadini (film con il telefonino, blog, foto messe in rete), non senza una certa preoccupazione per alcune derive violente o devianti.
Di sicuro, come ho avuto modo di scrivere diverse volte in passato, nelle nuove tecnologie il successo rispetto al consumo viene determinato sempre più spesso dai contenuti offerti.
Per il consumatore finale infatti è inutile avere bande larghissime, schermi ad altissima definizione e decine di formati multimediali se poi non può disporre di nessun contenuto adeguato tale da giustificare il costo del passaggio al nuovo standard.
Il reale passaggio epocale in questo senso è dato dal fatto che i mass media, tradizionalmente unidirezionali nella produzione del messaggio, sono sempre più aperti e permeabili ai contenuti prodotti dal basso dagli utenti che li rilanciano nel grande circuito mediatico.
Infatti l’interattività e la possibilità concreta per gli utenti di creare e condividere materiali è un’altra delle caratteristiche che si sono rivelate vincenti per la Rete prima e per i nuovi media poi, grazie allo sviluppo di strumenti che hanno reso sempre più accessibile la pubblicazione, la diffusione e la gestione di contenuti anche da parte di utenti non tecnici.
Videotelefoni, macchine digitali, strumenti di creazione di audiovisivi sempre più piccoli, potenti, facili da usare e di costo accessibile hanno dunque reso una realtà un concetto che qualche anno fa sembrava futuribile:i “prosumer”.
Il consumatore (consumer) di media diventa attore e produttore (producer) di quello che poi fruirà in rete o su altri supporti digitali insieme alle creazioni di altri come lui, non subendo più il contenuto dei media ma contribuendo a crearlo.
Questa grande opportunità naturalmente ha in sé dei rischi di devianza, testimoniati, ad esempio, dai molti casi di bullismo messi in rete da minorenni desiderosi di pavoneggiarsi di atti tutt’altro che edificanti davanti ad una platea più o meno grande, in rete o sui cellulari.
Sicuramente è un fenomeno preoccupante che pone anche il problema del controllo degli upload da parte di siti, come ad esempio YouTube, che consentono la diffusione planetaria di tali contenuti.
Bisogna però che più di un ente di socializzazione ed educazione primaria e secondaria si faccia un serio esame di coscienza prima di crocifiggere tali tecnologie che sono solo degli strumenti il cui valore morale dipende dall’uso che se ne fa.
Come tutti i fenomeni sociali dunque bisognerebbe prima di tutto rivedere i modelli che la tv e gli altri media broadcasting offrono già da tempo con i reality show e con una serie di starlette maschili e femminili pagate non per le loro capacità ma per il loro vuoto e i loro difetti.
Inoltre la violenza e la rissa via massmedia non sembrano essere delle rarità nei palinsesti che ancora sono decisi unilateralmente dalla produzione dei network editoriali.
Chiusa la parentesi etica bisogna anche dire che c’è già chi ha intuito il business e si appresta a sfruttarlo, basti pensare agli investimenti milionari in social network e community (tra cui la stessa YouTube) messi in campo dai giganti della rete come Google e Yahoo.
Quello che però ancora probabilmente manca è un reale format efficace di inserimenti di break pubblicitari e di inserzioni all’interno di questi contenuti autoprodotti dagli utenti, spesso e volentieri fruiti in real time dal loro pubblico via rss feed e podcast.
Per questa la sfida del mercato dei prosumer è davvero solo all’inizio.
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GIANLUIGI ZARANTONELLO
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