Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Uno degli elementi di più grande portata del web 2.0 è sicuramente la straordinaria valorizzazione del singolo individuo che mai prima di queste tecnologie aveva avuto modo di esprimersi così facilmente davanti ad un pubblico globale. Una possibilità che è anche un’arma a doppio taglio, visto che la visibilità riguarda ugualmente gli aspetti negativi, e che obbliga dunque a gestire con estremo giudizio ciò che condividiamo in rete. Se tralasciamo una notevole quantità di rumore di fondo data da contenuti di scarso valore e di poca rilevanza però ci accorgiamo di come il web 2.0 sia una straordinaria macchina per fare quello che Sebastiano Zanolli, in “ Io, società a responsabilità illimitata”, definisce personal branding. Possiamo infatti applicare anche a noi stessi le tecniche del mondo dei brand per trasmettere agli altri ciò che siamo e che vogliamo esprimere, senza ovviamente spacciarsi per qualcuno che non siamo. Grazie a servizi come Netvibes, i social bookmark, Linkedin e con il supporto delle tecnologie di social sharing possiamo informare il mondo delle nostre attività e delle nostre idee con minimo sforzo, creando interessanti connessioni con persone con cui condividiamo qualcosa. Che cosa occorre dunque per creare una solida identità digitale e 2.0? Prima di tutto serve coerenza, tutti i messaggi che lanciamo devono essere fra loro non contradditori e non devono contrastare con le nostre azioni nel mondo fisico. In secondo luogo dobbiamo dotarci di strumenti che permettano di seguirci per chi è interessato a ciò che facciamo e diciamo: un buon feed rss legato ad un blog o ad un profilo pubblico è già una buonissima base di partenza. Fatto questo dobbiamo farci trovare, non in tutta la rete indiscriminatamente ma negli ambienti che ci interessano: forum, blog, community di settore dove mostrare la nostra competenza (senza voler strafare), non omettendo un piccolo link al nostro profilo professionale più aggiornato. Infine dobbiamo muoverci ricordandoci uno dei principali principi del networking: agire in modo reciprocamente e bidirezionalmente utile, contribuendo ai progetti di altri senza necessariamente prevedere una contabilizzazione automatica della restituzione del favore. Il rispetto di queste regole e un buon livello di attivismo potrà portarvi dei risultati difficili da immaginare per chi non abbia già frequentato questo mondo, ciascuno secondo le proprie possibilità. E’ un’opportunità che sta solo nelle vostre mani, siete pronti a coglierla? Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com/
Segnalo in anteprima la pubblicazione del primo “Rapporto su privacy e permission marketing in Italia”
Il sondaggio è stato realizzato da Human Highway per conto di uno dei leader storici dell’e-mail marketing italiano (Mag-News/Diennea).
Oggetto della ricerca è capire come e quando gli utenti web italiani decidono di concedere i propri dati di contatto e quali siano le reazioni dei navigatori nei confronti delle promozioni che richiedono la comunicazione di informazioni personali.
Ecco il link per scaricare il rapporto: www.mag-news.it/privacy2009.htm
Per ulteriori informazioni, di seguito un estratto del loro comunicato stampa (abbondantemente riassunto...)
"Il sondaggio analizza come e quando gli utenti web italiani decidono di concedere i propri dati personali e quali sono le reazioni principali nei confronti delle promozioni on line che richiedono la comunicazione di informazioni personali.
La ricerca è stata realizzata nell’aprile del 2009 da Human Highway per conto di Mag News su un campione di quasi 1.000 individui rappresentativi dei circa 23 milioni di navigatori abituali italiani sopra i 15 anni, che si connettono almeno 1 volta a settimana.
Quello che emerge chiaramente dal sondaggio è che gli italiani sono abbastanza informati e molto attenti alla propria privacy on line. I dati raccolti sul web tramite moduli-form non sono generalmente percepiti in maniera negativa, almeno fino a quando non si richiedono informazioni più specifiche legate alla sfera economica e reddituale (con tassi di abbandono che arrivano fino al 57%), alla composizione del nucleo familiare ed alla tipologia di abitazione, oppure non si fanno domande sul tempo libero, sul titolo di studi e non viene chiesto di indicare il sesso (in questi casi i tassi di abbandono sono intorno al 10%).
Interessante anche l’atteggiamento degli italiani nei confronti dello spamming. Malgrado il fenomeno sia ormai dilagante (solo il 3% dichiara di non esserne in qualche modo coinvolto), gli utenti di Internet non sono affatto rassegnati. Solo il 15% non reagisce a quella che ritiene essere una violazione della propria privacy, mentre 8 persone su 10 hanno protestato almeno una volta con chi spediva loro messaggi non richiesti o hanno cambiato indirizzo e-mail (quasi 3 su 4 intervistati), oppure ancora hanno aggiunto il mittente tra quelli filtrati dai sistemi antispam (quasi la metà dei casi).
Addirittura 1 utente su 3 dice di essersi rivolto al Garante per la Privacy almeno una volta (è probabile però che questa risposta sia indotta dalla crescente intolleranza verso lo spam e dalla confusione di ruoli tra Autorità Garante e responsabile del trattamento).
Altri dati interessanti emersi dalla ricerca sono: la diffidenza verso i pagamenti on line con carta di credito (un intervistato su due dichiara di avere paura ad utilizzarla on line), la preoccupazione che qualcuno tracci i siti visitati durante la navigazione o che i contenuti delle conversazioni via chat possano essere memorizzati “da qualche parte” (un utente su tre). Questi timori devono essere considerati attentamente perchè portano spesso a modificare i comportamenti di utilizzo di Internet."
Credo che per molti non sia ancora evidente, tuttavia i navigatori sempre fruiscono il web con una modalità che non è più quella della navigazione sequenziale all’interno di una serie di siti preferiti. I feed rss, i servizi di aggregazione come iGoogle e Netvibes, applicazioni come i widget e le web slice sono una prova del fatto che per far fronte alla quantità di informazioni che viaggiano su Internet gli utenti cercano sempre più di costruirsi selezioni personalizzate di web da consultare in un unico luogo quando meglio credono.
Che cosa implica questa tendenza per l’azienda che comunica in rete? Beh, vuol dire innanzitutto che occorre far sì che il proprio sito sia esportabile e importabile, per la parte di frequente aggiornamento, su sistemi di questo genere. Lo strumento più semplice (eppure ancora poco noto) sono i feed rss, vero lasciapassare per ogni tipo di contenuto, per poi arrivare a cose più sofisticate, basate ad esempio su API.
Questo essere distribuiti però implica un’altra consapevolezza: i contenuti devono partire da questi aggregatori ma devono poi ritornare all’ovile, ossia al nostro sito web, senza consegnare preziosi lead a terze parti. Se infatti investite tutto sull’integrazione con i social network (tipicamente Facebook), con l’idea di creare una forte fan community, dovete ricordare che se tutto il vostro contenuto sarà fruito all’interno un sito terzo sarà esso a registrare i profili dei clienti, e non voi, nonostante sia vostro lo sforzo maggiore per costruire i contenuti.
E allora? Secondo me le aziende dovranno essere sempre più in grado di aprire dei punti di contatto, rendendosi abbastanza rilevanti e interessanti da guadagnarsi uno spazio nel sistema di aggregazione del cliente, per poi riportare nei propri domini gli utenti, possibilmente registrandoli.
Il contenuto reso esportabile dunque dovrà essere un assaggio chiaro ma non esaustivo, che deve essere completato visitando il sito o un altro servizio web aziendale. Dovrà essere ben visibile nelle pagine aziendali e avrà più efficacia se sarà già accompagnato da bottoni (forniti gratuitamente dai vari servizi) che ne permettono velocemente l’aggiunta e/o lo sharing sulle maggiori piattaforme.
Naturalmente anche il contenuto dovrà essere di qualità e frequentemente aggiornato, per meritarsi un posto di riguardo nella mente e nel browser del cliente, e più material sarà disponibile e maggiore sarà la possibilità di innescare quegli effetti di coda lunga di cui ho già parlato in passato.
Ancora una volta la tecnologia è semplice e spesso gratuita ma deve essere scelta, a valle dell’analisi, con un approccio strategico e con una reale volontà di usarla in modo aperto e possibilmente dialogico. Insomma le macchine sono pronte, devono esserlo gli uomini.
I vostri secondo voi lo sono?
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
Beh, probabilmente per ora questo titolo vi parrà oscuro ma a breve quella descritta non sarà un’esperienza così surreale, visto che il cinguettio sarà su Twitter.
Twitter è un servizio di microblogging che consente agli utenti di mandare aggiornamenti al proprio status con brevi messaggi di testo (140 caratteri).
Da molti è individuato come la prossima applicazione di massa per il web 2.0 e, stando a quanto riportato da ComScore Media Matrix, il sito ha raggiunto ad aprile 17 milioni di visitatori statunitensi, l’83% in più rispetto a marzo e il 3000% in più dello scorso anno.
Sicuramente dunque si presta ad essere un canale di marketing, a patto che sia usato bene.
Per chi è dunque Twitter?
1) Per chi ha tanti contenuti freschi e frequentemente aggiornati, nessuno si interesserebbe di un aggiornamento fatto una tantum ogni mese.
2) Per chi ha già altre iniziative sul web in pista: Twitter si integra ottimamente con siti e blog grazie ai servizi aggiuntivi e alle API. Un canale di twits senza legami e fine a se stesso mi sembra poco utile per noi e per i navigatori, mentre Twitter ci aiuta ad aggiornarci real time su blog, eventi e quant’altro ci interessi.
3) Per chi sa parlare ai clienti in modo non solo promozionale: come recita una delle tesi del ClueTrain Manifesto “le conversazioni tra esseri umani suonano umane. E si svolgono con voce umana”. Potete parlare di promozioni e offerte ma non focalizzatevi solo su questo e scegliete bene il linguggio e i temi.
4) Per chi lavora sui social media con un approccio strategico: anche per Twitter occorre avere fatto un ragionamento strategico sulla base degli strumenti teorici e pratici di cui ho più volte parlato recentemente.
5) Per chi sa misurare i risultati in modo nuovo: ho già avuto modo di dire che la misurazione del ROI dei social media è possibile a patto di non rimanere prigionieri dei vecchi schemi. In questo bel post Leonardo Bellini spiega molto la logica e gli strumenti per misurare Twitter.
E voi, adesso che ne sapete qualcosa di più, siete pronti a far cinguettare il vostro marketing?
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
Virgin Media, attraverso una partnership commerciale con la discografica Universal, sta per lanciare un servizio di abbonamento per scaricare musica senza limiti.
L’operatore di tv via cavo permetterà a tutti i suoi clienti di banda larga di ascoltare in streaming e scaricare tutti gli album e i brani musicali che vorranno dal catalogo di Universal, dietro pagamento di una quota. La musica sarà in formato mp3.
Virgin pensa che questo genere di collaborazioni con l'industria discografica aiuterà a contrastare la pirateria sul proprio network, ma ha aggiunto che nessun utente sarà disconnesso in modo permanente nel caso vengano riscontrate delle infrazioni al copyright o operazioni di scambio illegale di file.
Via Quo Media
Penso che il titolo del mio post rappresenti un quesito ricorrente per molti imprenditori e marketing manager. La prima risposta che mi viene in mente è “dipende”.
Se guardiamo allo strumento di per sé il blog è veramente adatto ad ogni tipo di azienda: si può costruire con poche risorse economiche, fa molta immagine, permette di aprire un dialogo con il cliente, acquisito o potenziale che sia.
A dispetto delle apparenze però lanciarsi nell’avventura di un corporate blog non è per tutti, e non mi riferisco alla complessità tecnica o gestionale.
Il primo tema è quello del committment: il blog in sé è un semplice sito ma culturalmente comporta una vera rivoluzione nell’azienda: la comunicazione è diretta, non pubblicitaria, trasparente, dialogica e non sempre i tempi dello scambio dialogico sono dettati dall’impresa. Insomma in primo luogo non avrete lo stesso controllo che potreste vantare sul vostro sito tradizionale, o almeno che credete di avere. Questa paura infatti in realtà è relativa, in quanto chi vuole parlare di male di voi lo può fare in mille altri siti, ed è un freno che ormai ha un senso limitato.
Ciò non toglie però che per bloggare per davvero in azienda occorre avere l’appoggio di sponsor interni importanti, non a tutti infatti piacerà da subito questo nuovo approccio e non si cambia la cultura di un’azienda in un giorno.
Inoltre chi sarà il blogger (o i blogger) non deve essere costretto a questo ruolo ma deve trovarsi a suo agio e, soprattutto, deve essere convinto dell’utilità del suo operato. Deve trovare un proprio stile, scrivere comunque bene, trasmettere passione e competenza, invitare a conversare e, come dice Debbie Weil, deve divertirsi.
Se ci sono tutte queste condizioni anche il tempo, altra grande paura nel seguire un blog, sarà sempre una risorsa meno scarsa del previsto.
Un ulteriore grande tema poi è la scelta degli obiettivi e della strategia del blog: come abbiamo visto più volte a proposito dell’approccio post infatti occorre avere ben chiaro che cosa si vuole ottenere dal blog e come raggiungere l’obiettivo. Ciò non può prescindere dall’ascolto e dall’analisi del profilo Social Technographics del pubblico atteso, che ci aiuterà anche a trovare i giusti argomenti ed i toni di voce migliori.
Infine il tema della misurazione dei risultati può essere affrontato con gli stessi criteri di tutti i social media, magari aiutandosi con le Social Media Ad Metrics Definition di IAB.
A questo punto la risposta al quesito iniziale cambia, o meglio è la domanda che formulata meglio: io e la mia organizzazione siamo pronti per bloggare?
A ciascuno la propria risposta, anche qui di seguito come commento, se vi va. Io tornerò appena possibile sul tema.
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
Grazie a Domenico Nardone e al sempre aggiornato blog Social Media Marketing sono venuto a conoscenza di un bel white paper di Jeremiah Owyang, social media anlalyst di Forrester, che questa volta prova a descrivere le fasi storiche del Social Web presente e futuro.
Owyang ipotizza 5 fasi in parte sovrapposte fra loro in termini temporali e comunque non consequenziali cronologicamente:
1) Era of Social Relationships: Le persone si connettono e fanno sharing 2) Era of Social Functionality: I social network diventano delle vere proprie piattaforme, quasi dei sistemi operativi online su cui tutto si innesta 3) Era of Social Colonization: Tutte le esperienze in rete possono ora essere a carattere sociale 4) Era of Social Context: I contenuti diventano accurati e totalmente personalizzati 5) Era of Social Commerce: I nuovi prodotti e servizi nascono e vengono definiti all’interno delle communities.
Noi dove siamo oggi? Difficile porre dei confini ma sicuramente la prima era ormai è maturata e la seconda è qualcosa di molto prossimo alla realtà dei maggiori utilizzatori di internet.
Per quanto riguarda le altre tre io credo che da molte parti se ne colgano le anticipazioni ed i fermenti e dunque le aziende realmente attente ai propri clienti farebbero bene a iniziare ad attrezzarsi.
Come? Owyang suggerisce alcune linee guida, di cui in parte anche io ho parlato recentemente su questo blog:
• Don’t Hesitate: I cambiamenti sono rapidissimi e non bisogna aspettare che siano gli altri a fare la prima mossa. Siate preparati tramite l’ascolto delle conversazioni che si svolgono sulla rete. • Prepare For Transparency: Le persone commenteranno i vostri prodotti e li recesiranno che lo vogliate o meno e spesso i consumatori ne sapranno più di voi, per cui non potrete barare. • Connect with Advocates: focalizzatevi sui clienti più fedeli, saranno vostri difensori in caso di controversie (e sono molto più ascoltati di voi dagli altri clienti). • Evolve your Enterprise Systems: I software aziendali, CRM e CMS in primis, vanno adeguati al nuovo paradigma con più funzioni social e con la massima apertura all’esterno. • Shatter your Corporate Website: Il vostro sito sarà sempre più scomposto e distribuito dagli utenti sui social media. Meglio essere preparati.
E voi cosa ne pensate?
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
E' partita la fase di prelancio di "Bing" che sarebbe il nuovo motore di ricerca di Microsoft - al momento "coming soon" - ma qualcosa potete vedere, sotto forma di un video di presentazione, su www.decisionengine.com (per la cronaca Bing è quello che prima veniva chiamato "Kumo").
Ovviamente (come si deve ormai dire in questi tempi), si sono attrezzati con Facebook e con Twitter ( i link li trovate sempre all'URL di cui sopra).
Il posizionamento che Microsoft sembra aver dato al motore - per differenziarsi da Google, è quello di un software che non "trova" ma che "aiuta a decidere".
L'idea sembra essere quella di non dare dei "search results" ma di cercare di capire cosa stai davvero cercando; non dare "risultati" ma risposte.
Il motore, a quanto è stato annunciato, si focalizzerà molto su dare buone risposte specialmente nei campi della salute, della ricerca locale, viaggi e turismo, shopping.
La campagna di lancio avrà un budget superiore agli 80 milioni di dollari.
Staremo a vedere. Sarà interessante. Anche per chi lavora in campo SEO; una nuova complicazione, che renderà il lavoro più affascinante e challenging...
YouTube prova il grande salto dagli schermi dei computer a quelli della televisione.
Il portale video di Google si arricchisce di un'interfaccia chiamata Xl (youtube.com/xl), una versione ottimizzata per guardare i video sui più grandi monitor tv. Il servizio funziona con qualsiasi browser di navigazione collegabile alla tv.
L’interfaccia di Xl è semplificata, con una maggiore dimensione del testo, senza commenti o barre di scorrimento, il che rende la navigazione più agevole, anche con i comandi televisivi. Resta la possibilità di visualizzare le differenti classifiche inerenti i clip, di fare ricerche e di scegliere lingua e area geografica di riferimento.
Il servizio offerto si caratterizza per i filmati ad alta definizione, che garantiscono ottima qualità dell’immagine. Limiti e imposizioni riguardanti le licenze e il trattamento diritti, non permettono comunque di vedere su YouTube ‘extra large’ molti dei film e degli show proposti invece dal portale tradizionale.
Ma sembra essere solo questione di tempo, prima che il canale di Google riveda i cavilli contrattuali. Un rilancio, quello di YouTube, che giunge a poco più di una settimana dall’esordio del client desktop di Hulu, il software che permette di accedere ai contenuti del portale hulu.com, gratuito e specializzato in serie tv, senza l’obbligo di doversi connettere al catalogo tramite un browser.
Per ora, il servizio Hulu è a disposizione solo degli utenti statunitensi. Ma la battaglia per i video online è appena cominciata. Via Quo Media
Microsoft fa Bing? Google risponde Wave. Nel giorno scelto dal colosso informatico per lanciare il suo nuovo motore di ricerca, ennesimo tentativo di smembrare la leadership di BigG online, il motore di ricerca californiano ha presentato in anteprima Google Wave.
Si tratta di una piattaforma che mira a sostituire la tradizionale posta elettronica con una comunicazione e collaborazione online 'totale' e 'sociale'. "Come sarebbe la posta elettronica se fosse stata inventata oggi?", provando a rispondere a questo quesito Google ha lanciato la sua onda, per ora solo in versione beta e per gli sviluppatori, che un giorno permetterà una comunicazione simultanea di chat, instant-messaging, e-mail e social network.
Per dare vita a un gruppo, un utente creerà un'onda (wave), ossia un messaggio iniziale indirizzato ad altre persone, che lo riceveranno immediatamente e potranno modificarlo e integrarlo, seguendo in tempo reale i cambiamenti apportati dagli altri membri. Proprio come un'onda, quindi, la comunicazione continua a muoversi, mutando e ingrandendosi a ogni passaggio.
Pensato come strumento sia per le reti sociali che per l'utenza professionale, Wave integrerà le applicazioni di Google, come Gmail, Maps e Calendar. Per fissare un appuntamento, per esempio, l'utente da questo ambiente di comunicazione potrà inviare una e-mail, allegando una mappa con il luogo del ritrovo e un promemoria che il ricevente inserirà automaticamente o meno nel proprio calendario elettronico.
Via Quo Media
|