Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Le varie comunità gay sono da tempo al centro delle attenzioni di molti uomini di marketing, grazie alla maggiore propensione alla spesa e ad una disponibilità economica mediamente superiore rispetto al resto della popolazione.
Anche alla Sony devono essere convinti di questo, vista la notizia pubblicata da Reuters.
Sony Music ha annunciato ieri il lancio della prima importante etichetta musicale dedicata ad artisti gay, lesbiche, transessuali e transgendered.
L'etichetta, Music with a Twist, è una joint venture con Wilderness Media & Entertainment, la compagnia guidata da Matt Farber, che ha fondato il nuovo canale per gay e lesbiche LOGO di MTV Networks di Viacom Inc, che raggiunge secondo le stime 20 milioni di case.
L'etichetta arriva mentre Wilderness Media progetta il lancio questo fine settimana di uno show radiofonico nazionale intitolato Twist che si rivolgerà ai gay e alle comunità "vicine ai gay", debutto previsto sulle stazioni FM e sul web.
Da più parti si legge che i marketer ed i pubblicitari devono decidere le campagne di promozione non più in base al costo-contatto ma al contatto-qualità; questo perchè il costo contatto quantifica l'utente singolo che compie un'azione ma non contempla l'affiliazione dello stesso verso il prodotto.
Oggi alle aziende interessa sapere di poter contare su di un numero quasi stabile di utenti/fruitori per considerare gli stessi il fondamento del proprio market field.
Le vecchie politiche di marketing rivolte al semplice hic et nunc, qui ed ora, in base al lancio di un determinato prodotto vengono soppiantate in favore di politiche di brand awarness che consentano un'affiliazione prodotto/utente che perduri nel tempo.
Noto è l'esempio di RedBull che legandosi a manifestazioni ed eventi concernenti gli sport estremi o i contest più particolari sparsi per il mondo ha creato un core target di consumatori che, vivendo la vita nello stile RedBull, possono considerarsi RedBull addicted.
La marca, in questo caso, ha creato uno stile di vita e non il contrario. Sulla scia di queste considerazioni, il maggiore portale statunitense dedicato agli ispanici Unvision Online ha commissionato a Revenue Science uno studio per analizzare le capacità comportamentali del proprio target.
In questo modo i pubblicitari di Univision potranno targettizzare gli utenti in base a diversi "segmenti di comportamento".
Grazie a questo studio, assicurano da Univision, le campagne pubblicitarie potranno essere maggiormente mirate verso un target altamente profilato.
Per Revenue Science questo accordo rappresenta una grande vittoria sotto più punti di vista: primo fra tutti il fatto che Univision rappresenta una realtà con 196 milioni di utenti unici nel solo 2005, inoltre è la prima volta che si compie una targettizzazione dei comportamenti degli utenti di un sito di lingua diversa dall'inglese.
di Andrea Signori
L’Islanda vanta il primato europeo nell’uso delle carte di credito: bel il 70% delle spese sono fatte tramite moneta elettronica. Questi numeri sono però molto diversi dal resto d’Europa, dove l’utilizzo del contante è ancora molto diffuso, in particolar modo per le spese più piccole. Tra i dove le banconote sono maggiormente utilizzate spiccano Italia e Spagna (80% dei pagamenti effettuati) e Germania (73%).L’ambizioso obiettivo di Visa Europe per il prossimo futuro è quello convincere i consumatori europei ad un maggiore utilizzo della carta di credito, anche per le somme al di sotto dei 15 Euro, dove, salvo rare eccezioni, è il contante lo strumento di pagamento di gran lunga più utilizzato.Le basse percentuali di utilizzo mostrano infatti notevoli spazi di crescita, a patto di riuscire a cambiare le radicate abitudini di spesa di moti consumatori. Proprio per vincere questa scarsa propensione all’utilizzo degli strumenti di pagamento elettronici Visa ha varato lo scorso 8 gennaio una massiccia campagna pubblicitaria, caratterizzata dal claim “Love Every Day”.Rivolta prevalentemente alla clientela consumer è portata avanti contemporaneamente in 21 Paesi e prevede un utilizzo coordinato di diversi media (tv, stampa, web e punti vendita), con una particolare attenzione alla cartellonistica nelle aree di maggiore affluenza come metropolitane, piazze e ipermercati.
Una delle prossime sfide che attendono la telefonia potrebbe essere la convergenza fisso-mobile. Se Telecom e TIM, come recentemente presentato anche attraverso gli spot, intendono sfruttare questa sinergia i loro concorrenti non hanno intenzione di rimanere alla finestra a guardare.Vodafone e Fastweb, secondo alcune attendibili indiscrezioni, starebbero esaminando la possibilità di stipulare un accordo commerciale per offrire tariffe particolarmente concorrenziali per abbassare il costo delle chiamate fisso-mobile. Inizialmente questo accordo sarebbe limitato all’utenza professionale, ma è prevedibile, nel caso si riveli un scelta azzeccata, la sua estensione anche al mercato consumer.Fastweb però, sempre secondo questi rumors, avrebbe intenzione di non limitarsi solo a Vodafone per stringere alleanze, ma starebbe valutando la possibilità di coinvolgere anche gli altri operatori mobili, in modo da rendere la propria offerta più competitiva. L’azienda è anche interessata a diventare operatore mobile virtuale, così come già dichiarato da Tele2 ed Albacom, cosa che però non potrà avvenire prima del 2007 a causa di un vincolo legato alla concessione delle licenze UMTS.Il problema della convergenza tra fisso e mobile sembra quindi interessare progressivamente tutti i principali operatori di mercato, a riprova del fatto che c’è una forte tendenza al consolidamento in atto. Se da un alto i cellulari diventano sempre più versatili, ricchi di funzioni e multimediali dall’altro il traffico voce, soprattutto business, spinge per un abbassamento delle tariffe spingendo quindi i vari player a cercare di essere maggiormente competitivi stringendo nuove e importanti alleanze.
In questi giorni si è parlato molto dell’utilizzo dell’email in ambito professionale: una ricerca realizzata da Dynamic Market mostra come la posta elettronica incida pesantemente sulla psicologia di molti utenti, creando una sorta di dipendenza.Oltre la metà del 1.700 utenti intervistati ha dichiarato di essere, in maniera più o meno frenetica, dipendente dalla lettura delle proprie email, con un quinto del campione che confessa di farne un utilizzo quasi maniacale. Il 6% delle persone coinvolte nel sondaggio ha dichiarato invece di sentirsi sopraffatto dal bombardamento quotidiano di messaggi, al punto da fare fatica a gestire la mole di informazioni ricevute.Alla base di questo studio c’è un aspetto molto interessante: nell’ultimo anno quasi la totalità delle imprese coinvolte nel sondaggio ha rilevato un aumento del 47% il numero di email gestite. Questo determina un assorbimento di almeno due ore lavorative al giorno per il 52% dei dipendenti tra lettura e invio di messaggi, che arriva a sfiorare le quattro ore per il 15% del campione.L'invio di email è tradizionalmente considerato un importante strumento di marketing da molte aziende, che lo utilizzano, oltre che per presentare i propri prodotti e servizi, per mantenere i contatti con clienti e prospect.L’overdose di messaggi che ci si vede giornalmente recapitati, come dimostrato da questi dati, mette però seriamente a rischio una campagna di marketing basata sulla posta elettronica, che rischia di venire cancellata o semplicemente ignorata per mancanza di tempo del destinatarioOccorre quindi riuscire a creare una vera e propria strategia di email marketing, evitando attentamente di tempestare il destinatario di messaggi non richiesti stabilendo invece una comunicazione interattiva e bidirezionale.
L’email è un potente strumento di marketing, ma richiede una metodologia e un approccio dedicati, senza cadere nella tentazione di trasferire su questo mezzo le stesse tecniche e regole utilizzate per altri canali.
Secondo Bernard Cova, autore de "Il marketing tribale" ed esponente del marketing mediterraneo, oggi, sempre più evidente, emerge nel comportamento dei consumatori un interesse marcato per i legami e le identità sociali generati dai prodotti di consumo, piuttosto che per i prodotti stessi. Ciò determina una propensione fra i consumatori a riunirsi in tribù e a creare comunità sociali intorno al prodotto, che ai fini del mercato esercitano un'influenza ben maggiore delle più raffinate strategie di marketing.
Si va quindi affermando nella disciplina una nuova tendenza che sostiene una strategia volta a creare comunità intorno a un prodotto o a un servizio, e si propone come alternativa mediterranea al pensiero dominante "classico" di stampo americano. Cova, teorico della nuova tendenza, nel suo libro espone e descrive il nuovo approccio e la relativa strategia operativa. Mentre il marketing americano obbedisce essenzialmente a una richiesta di individualizzazione e personalizzazione dei consumatori, la corrente mediterranea si misura soprattutto con il bisogno da parte dei consumatori di ristabilire un legame sociale arcaico e comunitario in seno a raggruppamenti che hanno l'aspetto di tribù, intese come comunità emozionali in cui si condividono passioni comuni. La strategia da seguire secondo questo nuovo approccio non è tanto stabilire un legame personale con il cliente (marketing one to one), quanto mantenere il legame fra i clienti stessi aiutandoli a condividere le loro passioni, creare un valore di legame nel marchio o nel prodotto, fare leva sul bisogno di autenticità dei consumatori, puntare sull'attenzione ai gesti quotidiani e ai dettagli, celebrare riti intorno al prodotto.
Recentemente ho letto con interesse un articolo di Walter Casini apparso su "Grow Up", una delle newslwtter gratuite di Buongiorno. Il tema affrontato è a mio parere molto stimolante: tutti noi ci occupiamo quotidianamente di vendere i prodotti e servizi della nostra azienda, ma siamo in gradi di proporre efficacemente noi stessi?Si è diplomato-laureato con il massimo dei voti, è una persona volenterosa, efficiente e degna di fiducia, tuttavia non possiede un lavoro corrispondente alle proprie reali potenzialità o non lo possiede affatto. Gli uomini di marketing sanno che non basta avere un buon prodotto per venderlo. D'altro canto, non sempre i prodotti più venduti sono i migliori offerti dal mercato, certamente sono quelli supportati dalla migliore campagna pubblicitaria, sono quelli che possiedono un marchio forte e riconoscibile. Allo stesso modo, le persone che emergono nel mondo del lavoro sono quelle capaci di affermare il proprio marchio, la propria personalità, quelle che non aspettano che qualcuno prima o poi scopra i propri talenti, ma curano la propria immagine quanto la preparazione tecnica e culturale, insomma applicano costantemente il selfmarketing. Fare selfmarketing significa applicare su di sé quelle che Philip Kotler ha definito le 4 P del marketing mix: Prodotto, Prezzo, Posto, Promozione. Se dovessimo paragonarci ad un “prodotto” con quale prodotto ci identificheremmo? Una Ferrari o una cinquecento? Quali capacità, conoscenze ed esperienze siamo capaci di mettere in campo? Quali i nostri obiettivi? Siamo forse Ferrari travestite da cinquecento? La "confezione" ha la sua importanza. È importante prestare attenzione al proprio aspetto fisico, all'abbigliamento e ad altri dettagli che possono fare la differenza come il tono di voce, il modo di gesticolare ecc. Avere l’esatta percezione del proprio valore Il valore di un professionista è determinato da una serie di fattori: titolo di studio, esperienza, competenze e valore medio del mercato. Naturalmente non basta sapere quanto si vale, è necessario che anche gli altri lo sappiano. Individuare con cura il proprio settore di impiego L'errore più comune delle persone che cercano lavoro è quello di non delimitare bene il proprio territorio di ricerca. Molti pensano che basti disseminare qua e là il proprio curriculum per trovare presto un lavoro, il più delle volte accade così di trovare un lavoro qualsiasi. Per delimitare il territorio di caccia è opportuno porsi preventivamente alcune domande fondamentali: dove (zona geografica), in quale settore, in quale ambiente fisico, emozionale voglio lavorare? Più si è capaci di delimitare il proprio territorio, maggiori probabilità si avranno di ottenere il posto di lavoro desiderato e non uno qualsiasi.
L’autopromozione Per avere un marchio forte è necessario far parlare di sé, mettere da parte la timidezza e lanciare di tanto in tanto il proprio spot pubblicitario, meglio se ciò avviene in presenza di persone che contino. La quinta P Alle 4 P di Philip Kotler aggiungiamo quella di Purple Cow, la “mucca viola”, questo è il titolo di un divertente, oltre che interessante libro scritto da Seth Godin dove la mucca viola sta per straordinario. Distinguersi dagli altri prodotti per ottenere visibilità.
Una ricerca effettuata da Assocomunicazione afferma che il mercato mostra una sostanziale tenuta: questo da un lato, riflette il periodo di congiuntura non favorevole e, dall'altro, pone il comparto in una situazione sensibilmente più positiva rispetto al mondo dei servizi di marketing. L'analisi delle tre macro-aree in cui si articola il mercato evidenzia alcune peculiarità in termini di incidenza e trend: 1) La promozione al consumo contribuisce per il 51% alla costruzione del mercato; presenta un calo del 5% nel 2003 e una crescita stimata del 7% nel 2004. 2) I servizi di marketing operativo valgono il 21% e il trend è analogo a quello delle promozioni; -4% nel 2003, + 8% nel 2004 3) Le incentivazioni vendite rappresentano il 28% del mercato, con un incremento sia nel 2003 (+9%) sia nel 2004 (+3%). Nell'ambito delle differenti tipologie di target si confermano come main spender , i settori dell' alimentare (28%), dell' editoria/ media (28%) seguiti dai servizi / affari (14%) e dai mezzi di trasporto / energia (13%). Rispetto al biennio precedente, gli investimenti risultano in incremento sensibile nell'area servizi e affari , a testimonianza del progressivo avvicinamento alle tecniche di marketing da parte del mondo bancario, assicurativo, finanziario; sostanzialmente stabili nei settori alimentare, editoria/ media, mezzi di trasporto / energia, mass market non food; in sensibile diminuzione nell'arredamento/ abbigliamento/ tempo libero, che hanno risentito della congiuntura del mercato.
LG, multinazionale coreana specializzata nell’elettronica di consumo, ha inaugurato a Parigi il primo wash bar, punto d’unione tra un locale di tendenza e una lavanderia.L’idea è decisamente innovativa, e ha come scopo promuovere i nuovi modelli di lavatrice presso un target giovane e modaiolo, tradizionalmente poco sensibile alla pubblicità tradizionale utilizzata per la promozione degli elettrodomestici.Questa trovata deriva da un’analisi di mercato su abitudini e stile di vita del target di riferimento: ben l’80% dei giovani parigini che non vivono più in famiglia trascorre in una settimana mediamente un’ora al bar e almeno 45 minuti in una lavanderia automatica, è poco interessato alla televisione e ama fuggire dalle mura domestiche.Ecco allora la soluzione: creare un locale alla moda all’interno del quale, tra tavolini di design e ceste del bucato, sia possibile incontrarsi con gli amici, ma anche ascoltare musica o guardare la televisione, il tutto ovviamente utilizzando prodotti LG. Ma la vera novità del locale è la zona lavanderia all’interno della quale è possibile fare gratuitamente il bucato (sono forniti anche i detersivi), provando i nuovi elettrodomestici della multinazionale coreana, sorseggiando cocktails con nomi che richiamano il mondo della detergenza e del pulito.Questa idea di marketing presenta diversi vantaggi: riesce ad avvicinare un target sfuggente al mondo degli elettrodomestici bianchi in maniera divertente, consentendo ai ragazzi di non vivere più l’appuntamento con il bucato come una noiosa incombenza ma come un momento di svago, promuove un vero e proprio tryadvertising dei prodotti, compresi televisori e stereo e contribuisce a dare un’ottima visibilità alla marca. La notizia infatti sta facendo il giro della rete e in molte altre nazioni si pensa già di ripetere l’esperimento.Tra le possibili riserve bisogna tenere conto del fatto che l’utilizzo delle lavatrici da parte dei ragazzi è vincolato all’aspetto ludico derivante dall’abbinamento con il bar: non necessariamente quindi il successo del locale si tradurrà in maggiori vendite di questi elettrodomestici, a maggior ragione visto che si tratta di persone che generalmente frequentano lavanderie e quindi sono poco intenzionate, per motivi economici o per inclinazioni personali, a farsi il bucato in casa.Se però vediamo il wash-bar come un occasione per promuovere non solo il brand ma anche una vasta gamma di prodotti LG (televisori, stereo, lettori MP3, lettori DVD e tutto quello che si mette a disposizione degli avventori), allora è chiara la rilevanza del progetto. Il locale consente infatti di comunicare in maniera privilegiata con un target estremamente interessante per l’elettronica di consumo, facendo provare in anteprima i nuovi prodotti consentendo inoltre di effettuare analisi sulle modalità di impiego che i ragazzi fanno di questi oggetti, con la possibilità di utilizzare queste informazioni sia per migliorarne le prestazioni che per tarare in maniera più efficace le future attività promozionali e comunicative nei confronti del possibili acquirenti.
Via Economy
Di Admin (del 30/01/2006 @ 07:34:11, in Marketing, linkato 6258 volte)
Performance ed efficienza/efficacia sono due concetti correlati ma distinguibili nell’ambito della gestione della forza vendita. Parliamo di performance quando intendiamo valutare il “comportamento” di un venditore in considerazione del contributo da lui apportato nel raggiungimento degli obiettivi generali dell’impresa. Parliamo, di efficienza/efficacia quando ci riferiamo ai risultati di tutta l’attività, misurabili attraverso l’utilizzo di indicatori ben precisi. (e.g.: fatturato, quota di mercato, indice di mantenimento dei clienti e così via )L’efficienza/efficacia non dipende in toto dal comportamento del venditore ma è piuttosto una funzione di diversi fattori non necessariamente sotto il diretto controllo del venditore. La forza vendita può essere valutata sia secondo parametri oggettivi che in riferimento a criteri soggettivi.In genere, gli indicatori oggettivi ovvero gli indici, prendono a riferimento i dati statistici e le informazioni che il management può ottenere attraverso il sistema informativo aziendale. Tali indici tendono a fornire valutazioni quantitative, numericamente confrontabili in modo da favorire la valutazione comparativa e il controllo. Essi mirano anche a fornire una misura dell’impegno del venditore nel compiere il proprio lavoro e nel raggiungere gli obiettivi. Le valutazioni soggettive riguardano invece l’osservazione qualitativa dei supervisori, e quindi del management, circa i comportamenti lavorativi, in altre parole di come il venditore si organizza, di come si muove. Non è facile fare una buona valutazione dell’attività della forza vendita. Le diverse variabili in causa potrebbero indurre il management in errore soprattutto quando ci si trova nelle situazioni intermedie: ad esempio risultati di vendita al di sotto delle previsioni ma ottima performance delle attività di vendita in termini di contatti effettuati, presentazioni presso nuovi clienti e così via. Come giudicare in questo caso? In genere prevale la tendenza alla valutazione dei risultati misurabili –“outcome bias”, (Marshall, G., W., Mowen, J., C., “An Experimental Investigation of the Outcome Bias in Salesperson Performance”, Journal of Personal Selling & Sales Management, Volume 13, summer, 1993, pp. 31-47), sebbene questo sia molto controproducente per il morale, la soddisfazione e la motivazione della forza vendita. L’orientamento alla valutazione dei soli risultati di vendita e il sistema di controllo basato su di essi è poco utile alla luce dell’evoluzione della funzione di vendita all’interno di un moderno sistema aziendale. I venditori sanno perfettamente che in sistemi di quel tipo l’importante è mantenere dei risultati apprezzabili in termini numerici. Questo funziona in organizzazioni di vendita fortemente orientate ai volumi con trattamento economico esclusivamente basato sulle commissioni di vendita. In un sistema di vendita basato sulla gestione delle relazioni con il mercato non è pensabile di applicare tale sistema di valutazione e controllo in via esclusiva. Ad esso vanno aggiunti meccanismi valutativi “behavior-based” che tengano cioè conto anche dei comportamenti.
Antonia Santopietro
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