Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il processo di acquisto del consumatore è appare lineare e sempre più diversificato: ci si informa online e si acquista offline ma, al tempo stesso, si fa largo l’abitudine di cercare informazioni mentre si è nel punto vendita o di toccare con mano il prodotto in negozio per poi cercare online il prezzo migliore. L’87% dei consumatori in Italia compera in negozio dopo essersi documentato in rete. 7 su 10 invece, provano il prodotto in store prima di finalizzare l’acquisto online. Facebook e YouTube tra i social con il maggiore potere di influenza sui consumatori del Belpaese. È questo, in sintesi, quanto emerge dalla nuova edizione di Connected Commerce: A Snapshot of the Modern Shopper, una ricerca condotta da DigitasLBi in Belgio, Cina, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Olanda, Singapore, Spagna, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti, per tratteggiare il comportamento d’acquisto dei consumatori.
“Il potenziale di smartphone e tablet sta rendendo sempre più labili i confini tra lo shopping tradizionale e il mondo dell’online – afferma Carol Pesenti, head of Italy and Spain di DigitasLBi – e se da un paio d’anni si è diffusa tra i consumatori la tendenza Ropo (research online purchase offline, l’abitudine a documentarsi in rete su un prodotto prima di acquistarlo fisicamente in negozio), ora si assiste alla nascita di un fenomeno inverso, lo showrooming: visitare, cioè, il negozio per toccare dal vivo la merce e procedere con l’acquisto online, magari ad un prezzo più contenuto”.
“La diffusione su vasta scala di dispositivi mobile sempre più smart – afferma Gianfranco Pocecai, cto West Europe di DigitasLBi – sta letteralmente rivoluzionando non solo l’esperienza d’acquisto del singolo consumatore, ma anche il mondo del retail a livello globale. Si stanno delineando nuovi scenari per negozi e store che devono ripensarsi, adeguandosi ad un mondo sempre più digitale se vogliono mantenere la propria competitività sul mercato. Ma si fanno avanti anche nuove dinamiche per il consumatore, sempre più combattuto tra un’esperienza d’acquisto digitale e il negozio offline”.
Via Quo Media
La rete si conferma uno dei canali preferiti dagli italiani per fare shopping, soprattutto nel settore della moda. A sostenerlo è una nuova indagine condotta da Human Highway per Netcomm, il Consorzio del Commercio Elettronico Italiano, presentati nel corso del Digital Fashion & Design, appuntamento che per la prima volta analizza anche il mercato online dell’arredamento e del design.
Su 30,5 milioni di individui che compongono l’universo di Internet (sopra i 15 anni), 16,2 milioni hanno fatto un acquisto online negli ultimi 3 mesi e di questi quasi 11 milioni sono acquirenti online abituali, il 36% dell’universo degli utenti Internet in Italia. In un anno, tra aprile 2013 e aprile 2014, oltre 3,3 milioni di utenti Internet sono diventati eShopper nella moda: 1,7% in più gli “sporadici” con uno o due acquisti nell’ultimo trimestre (5,3 milioni in totale) e ben 22,8% in più gli abituali con tre o più acquisti nell’ultimo quarto (sono 10,9 milioni in totale). Aumentano anche i volumi delle transazioni nei prodotti fashion del +80% in occasione dell’ultimo Natale, ma il trend si mantiene con lo stesso ritmo di crescita, registrando nei primi soli due mesi 73 milioni di euro (+79% rispetto allo stesso periodo del 2013).
Per lo specifico comparto del Fashion (abbigliamento, scarpe, borse, accessori) è significativa la crescita anno/anno di coloro che almeno una volta hanno fatto acquisti: +42%, pari a 3,3 milioni di nuovi acquirenti in 12 mesi. L’indagine rileva inoltre una consistente sovrapposizione tra eShopper di prodotti di moda e eShopper di prodotti di Design e Arredamento. Da osservare anche il valore dello scontrino medio, che, se per il Fashion raggiunge un massimo con gli 80 euro, per le borse da donna, è di ben 140 euro per i prodotti di arredamento (80 euro per prodotti di Design).
“L’aumento significativo degli eShopper abituali – commenta Roberto Liscia, Presidente di Netcomm – Consorzio del Commercio Elettronico Italiano – è un dato che deve farci riflettere. Da una parte è significativo il fatto che aumentano gli utenti Internet disposti a fare acquisti online e quindi ad affidarsi alla tecnologia, ma dall’altro possiamo forse leggerlo come una risposta delle famiglie alla crisi, con la ricerca sulla Rete di prodotti a prezzi più vantaggiosi rispetto all’esperienza di acquisto nel negozio tradizionale. L’aumento esponenziale in un anno degli acquisti di abbigliamento è anche frutto di una maturità del settore in termini di ampiezza del catalogo, di disponibilità di servizi e naturalmente di maggiore convenienza”.
Chi acquista arredamento o design in rete, infatti, lo fa principalmente per la convenienza (40-43%, buon rapporto qualità/prezzo), ma anche in virtù della credibilità del sito di vendita (32-33%). Un dato questo interessante: per il design un motivo importante nella decisione d’acquisto è l’occasione, un’offerta precisa che non si sarebbe ripresentata in futuro, elemento che attrae il 31% degli eShopper. Per l’arredamento l’occasione è un buon motivo per il 23% degli acquirenti.
Via Tech Economy
Se l'utente non va all'ecommerce, è l'ecommerce ad andare dall'utente. Possiamo riassumere così una tendenza che è internazionale ma che può fare la differenza soprattutto in Italia, storicamente in ritardo per lo sviluppo del commercio elettronico. Tutti gli attori di questo ecosistema si stanno impegnando infatti per venire incontro all'utente. Da una parte, stanno risolvendo le principali barriere all'acquisto online. Dall'altra, inventano modi innovativi aumentare le prerogative dei clienti e in generale migliorarne l'esperienza.
Andiamo insomma verso un'evoluzione, a tutto tondo, del commercio elettronico, come risulta dall'analisi europea condotta da Netcomm ed Ecommerce Europe, ancora inedita. Ha scovato i casi di ecommerce più innovativi in Europa e le soluzioni più comuni ai due classici problemi, riguardanti la logistica e il pagamento via carta di credito.
Tempi e modi della spedizione spesso non soddisfano le esigenze degli utenti. Alcuni inoltre non si sentono ancora a proprio agio con il digitare i dati della propria carta su un sito web. Possono sembrare problemi banali, ma la loro soluzione passa da uno sforzo collettivo di tutti gli attori coinvolti. Delle aziende che vendono online, certo; ma anche dei corrieri e delle banche. A questa schiera si aggiungono soggetti vari che si possono rivelare utili all'ecommerce grazie alla propria presenza nel mondo fisico (dove l'utente può pagare o ritirare la merce scelta online).
Si consideri per esempio la logistica. L'ecommerce deve fare i conti con costumi che cambiano: è ormai comune che le case siano disabitate fino a tarda sera. Gli individui sono sempre più mobili e irregolari negli spostamenti. "Le innovazioni della logistica, che stiamo vedendo in questo periodo in Italia e non solo, sono tra le più interessanti e importanti", nota Roberto Liscia, presidente di Netcomm (il consorzio del commercio elettronico italiano). Si moltiplicano i luoghi e gli strumenti fisici dove ritirare un pacco. Allo stesso tempo, diventano più vari e numerosi i modi per pagare senza carta di credito. Altre innovazioni ecommerce aumentano la libertà e il potere degli utenti: di scegliere, personalizzare, controllare la qualità finale dei prodotti. I negozi online smettono insomma di essere vantaggiosi solo per il prezzo e la rapidità d'acquisto. Adesso mirano a esserlo anche per la qualità dell'esperienza. Per certi aspetti si ispirano a quelle che erano prerogative dei negozi fisici (la possibilità di provare un prodotto, di avere la consulenza dei commessi…), per poi addirittura migliorarle. In Italia partecipano anche le regole del settore, a questo percorso virtuoso: dal 13 giugno, un decreto ha aumentato i diritti degli utenti che acquistano a distanza (tra l'altro il diritto di recesso sale a 14 giorni).
Sono tutti fattori cruciali per imprimere una svolta all'ecommerce italiano. Secondo Netcomm, il fatturato 2014 arriverà a 13,2 miliardi di euro, con una crescita del 17 per cento; gli italiani che hanno fatto acquisti in un arco di tre mesi sono stati 15,4 milioni, aumentando del 14,3 per cento. Ci dobbiamo confrontare con Francia, Germania e Regno Unito dove l'ecommerce è molto più popolare e quindi varrà nel 2014 rispettivamente il 6, l'8,5 e il 15 per cento delle vendite totali, contro il nostro 3,6 per cento (3 per cento nel 2013).
In fin dei conti, se c'è da essere ottimisti non è solo per via delle tante innovazioni o aggiustamenti che stanno arrivando sul commercio online. Ma è perché, anche in Italia, sta cambiando il modo stesso di concepire le vendite e il rapporto con i clienti. Una trasformazione culturale che investe tutto, non solo internet: "i negozi, anche quelli tradizionali, stanno capendo che il cliente deve essere servito dovunque, comunque e in qualsiasi momento; con la sua massima soddisfazione possibile", dice Liscia. È un fine così ambizioso da richiedere una fusione tra i due mondi. Da una parte, i negozi fisici si integrano con i propri canali online. Dall'altra, "si rivalutano come luogo di incontro, esperienza e relazione; mentre vengono lasciati a internet gli aspetti più pratici dell'acquisto", dice Liscia. Il futuro dell'ecommerce coincide in fondo con il futuro del commercio stesso.
Via IlSole24Ore.com
Le aziende che vendono online stanno inventando modi per risolvere lo storico tallone d’Achille dell’ecommerce: la logistica. Tuttora, tempi e modalità di spedizione sono il principale ostacolo alla diffusione dell’e-commerce (anche – e, forse, soprattutto – in Italia). I rimedi inventati mirano quindi a rendere la consegna più a misura di cliente, in vari modi.
Un caso è Shutl, il servizio di consegna per vendite online che secondo uno studio dell’associazione eCommerce Europe, è il più veloce al mondo: 90 minuti dall’ordine. È possibile perché funziona solo per i venditori che hanno punti vendita fisici. Al momento dell’ordine il consumatore indica il proprio Cap e il sistema verifica e conferma in tempo reale se è possibile fare la spedizione in 90 minuti. Nel caso, il negozio fisico più vicino viene avvertito dal sito e prepara il pacco. Nel giro di pochi minuti arriva una moto o un auto di Shutl che prende il pacco e lo porta al cliente. Tra l’altro, essendo un servizio locale il costo è simile a quello di una spedizione standard.
Gli stessi grandi siti ecommerce americani – Amazon, Google, eBay – stanno facendo una gara per ridurre i tempi di consegna: adesso nello stesso giorno dell’ordine (“same day delivery”), in alcune città americane. Amazon consegna anche la domenica nelle principali metropoli Usa ed europee (non in Italia). La consegna domenicale è garantita anche dal corriere francese Hermes. Con la stessa filosofia, è nata di recente Uber Rush, un’app per la consegna pacchi a piedi o in bicicletta.
In Cina invece sono nati corrieri che, quando spediscono vestiti, aspettano dietro la porta che il cliente li provi. Così poi se li riprendono al volo, se non vanno bene.
Altre innovazioni rispondono a mutazioni sociali: è sempre più comune che la casa sia disabitata per tante ore al giorno. Chi non ha portineria e non può ricevere pacchi in ufficio, come può quindi comprare online? Dove li riceve i pacchi? Per esempio nei “lockers”, cioè armadietti digitali che sono arrivati anche in Italia. Adesso ce ne sono cento, per lo più presso centri commerciali del Nord Italia, ma diventeranno 400 entro tre mesi, secondo InPost, l’azienda polacca che li produce. Gli armadietti hanno tanti scomparti protetti da un codice. Il corriere deposita il pacco e il cliente lo prende quando gli è possibile, digitando il codice ricevuto al momento dell’acquisto. Al momento è un servizio offerto solo da Tnt Express ed è adottato solo da Banzai (su Saldi Privati ed ePrice). Sono l’evoluzione di un servizio che c’è già da anni: i pickup point del pacco in un negozio fisico.
Un’alternativa è la scatola creata da Parcelhome, una startup inglese: l’utente la mette nel proprio pianerottolo e la protegge con un codice digitale. È la versione evoluta (e più grande) di una cassetta delle lettere, insomma.
A volte non servono nemmeno innovazioni spinte per fare felice il cliente: bastano alcune attenzioni in più. Come la prassi di telefonare al cliente per mettersi d’accordo su un orario di consegna: sta diventando più comune tra i corrieri (fino a ieri recalcitranti), a quanto risulta ai ricercatori dell’Osservatorio eCommerce del Politecnico di Milano. Esselunga, grazie a una flotta di proprietà, garantire la consegna all’orario scelto dall’utente (in una finestra di due ore).
E se entro cinque anni ci saranno forse consegne tramite droni – a quanto annuncia Amazon – nel futuro prossimo dell’Europa ci sono cose più prosaiche ma probabilmente più utili. Cioè uno standard che agevoli le spedizioni “transfrontaliere”, quelle che avvengono tra diversi Paesi dell’eurozona.
Lo ha appena proposto eCommerce Europe alla Commissione Ue. Se i sistemi informativi dei diversi corrieri adotteranno standard, sarà possibile rendere più tracciabili e garantite le consegne transfrontarliere. L’obiettivo è anche ridurre i prezzi, che ora non sono orientati alla distanza percorsa ma al diverso livello di integrazione tra i sistemi dei diversi corrieri. Conseguenza, mandare un pacco in Germania costa due-tre volte la spedizione nazionale (a parità di chilometri) e persino più che negli Usa, secondo stime dell’associazione.
Via IlSole24Ore.com
È una sfida senza respiro, centimetro su centimetro. Impadronirsi del web in ogni modo, con ogni mezzo. Le big company non si danno pace. Nelle ultime ore Google ha lanciato l'ennesima sfida ad Amazon, scucendo 500 milioni di dollari dal suo portafogli per investirli in Shopping Express. Obiettivo? Introdurre un servizio di consegna rapida dei prodotti, settore già coperto dalla società di Jeff Bezos, che con Amazon Prime assicura all'acquirente la ricezione dell'oggetto in poche ore.
L'idea di Big G ha basi solide. Il mercato di riferimento, almeno all'inizio, sarà quello statunitense. Ma il progetto Google ha dalla sua parte un notevole vantaggio: la leadership inavvicinabile di Big G nel settore del product search. Offrire un servizio rapido ed efficiente potrebbe essere un bel problema per qualsiasi competitor, allora. Amazon incluso. Per ora Google sta investendo per portare il servizio in tre città degli Usa: New York, San Francisco e Los Angeles. E ha già stretto accordi con alcuni marchi come Target, Costco, Toys R Us e Whole Foods. Ma Google Shopping Express è solo all'inizio del cammino.
Cosa lo differenzia da Amazon A differenziare da Amazon il servizio sul quale Google ha deciso di puntare c'è un dettaglio non di poco conto. Il colosso di Mountain View, almeno per ora, non avrà gli enormi centri di distribuzione sui quali invece ha investito Bezos. Ciò vuol dire che i prodotti rimarranno nei magazzini dei fornitori originari. Google si farà carico di andare a prelevare la merce per poi consegnarla. Il tutto nel giro di poche ore. Per questo i 500 milioni di dollari investiti serviranno a preparare una vasta flotta di autisti, impacchettatori e mezzi. Il costo del servizio dovrebbe essere, secondo quanto scrivono negli Stati Uniti, di 4,99 dollari per ogni prodotto. Ma non è escluso che Big G punti ad abbonamenti annuali e a promozioni gratuite per far conoscere il servizio.
«Negli ultimi cinque anni abbiamo migliorato di molto Google Shopping, aiutando gli acquirenti a trovare i prodotti disponibili in zona. - ha commentato Tom Fallows, capo di Shopping Express, al web magazine Re/Code - Ma spesso ci trovavamo davanti a feedback nei quali gli utenti lamentavano i tempi di consegna troppo lunghi». Google Shopping Express è il servizio che correrà in loro aiuto. L'obiettivo è quello di consegnare un prodotto nelle 3/4 ore successive all'ordine effettuato online. Una sfida enorme, anche per un colosso come Google. Amazon ha investito tempo e danaro per arrivare ai risultati odierni, automatizzando i centri di distribuzione presenti in varie parti del mondo. La risposta di Big G è tutta da scoprire.
Via IlSole24Ore.com
Fare comodamente shopping online e ritirare personalmente le merci acquistate evitando costi aggiuntivi di consegna, ritardi e forzate attese domestiche. E’ quanto permettono di fare i servizi click & collect che i più grandi retailer di mezzo mondo stanno mettendo a disposizione dei loro clienti. Un passo solo apparentemente indietro nelle dinamiche tipiche dell’e-commerce che vedeva proprio nella consegna direttamente a casa, uno dei vantaggi principali. Il click & collect piace agli utenti e anche ai venditori per i quali esso rappresenta non solo un ulteriore modo per soddisfare il cliente, ma anche un modo per portare gli appassionati dell’e-commerce a recarsi fisicamente in un negozio. Con tutti i vantaggi, e le possibilità di ulteriori compere che questo gesto porta con sé.
I numeri clickI numeri del fenomeno danno conto di una realtà che sta confermando ciò che molti hanno sempre sostenuto, ovvero che l’e- commerce si integra e non sostituisce l’esperienza di acquisto; è uno dei canali utili e come tale può trovare spazio nelle più ampie strategie di business dei brand. Secondo recenti dati di Planet Retail in Inghilterra, uno dei mercati più avanzati sul tema, il numero di acquirenti del click & collect è destinato a più che raddoppiare entro il 2017. Attualmente il 35% degli acquirenti online del Regno Unito compra on line e ritira da sé, rispetto al 13% degli Stati Uniti e del 5% in Germania. Entro i prossimi tre anni, Planet Retail prevede che questa cifra passerà addirittura al 76% in UK.
“Due dei più grandi ostacoli all’acquisto on-line sono i costi di consegna e i tempi di consegna spesso scomodi; questo fa del click&collect un servizio sempre più attraente sia per i clienti che per i rivenditori. La sua realizzazione è destinata a essere il prossimo grande campo di battaglia nella vendita al dettaglio” spiega Natalie Berg di Planet Retail. Ma i rivenditori devono fare di più. I dati del mercato UK rivelano che solo due terzi dei 50 migliori rivenditori nazionali offrono il servizio e ancora meno, solo il 14%, offre più di una opzione di raccolta (cioè raccolta in store, magazzini di terzi, etc…). “I retailer devono prepararsi a questo massiccio spostamento nel comportamento di acquisto e devono già ora pensare anche oltre i tradizionali punti di raccolta. Stazioni ferroviarie e scuole potrebbero essere i punti di raccolta del futuro. I rivenditori devono essere pronti a stringere rapporti anche con partner non convenzionali per perseguire un miglior servizio al cliente.“
Se il Regno Unito è di gran lunga il mercato più avanzato sul click & collect anche la Francia sta cercando di capitalizzare questo trend anche se in ritardo rispetto all’interesse mostrato dal Regno Unito, con rivenditori quali Carrefour, Auchan, Leclerc, Leroy Merlin, Galeries Lafayette, e Oxylane per citare i più rappresentativi. Anche i retailer tedeschi stanno offrendo servizi di questo tipo in alcuni segmenti specifici di vendita al dettaglio, come l’elettronica di consumo (Saturn) mentre Italia e Spagna, dove l’adozione di modelli di business al dettaglio omni-channel è ancora marginale, sono in ritardo rispetto ai paesi europei di cui sopra, e solo i più grandi rivenditori, come Zara, El Corte Inglés e OVS, offrono servizi di click&collect.
I retailer argos collection pointTali servizi non sono tutti uguali: se è vero che il principio “ispiratore” è il medesimo, è pur vero che a seconda della categoria “merceologica” dei vari retailer e dei rispettivi modelli di business, il click&collect assume volti differenti. Tra i primi ad aver accettato la sfida del click&collect vi sono eBay e Argos che in UK hanno prima sperimentato e, grazie al successo dell’iniziativa, ampliato la loro partnership: i clienti di eBay possono ritirare le merci acquistate sul sito in alcuni punti vendita “fisici” di Argos. Un fatto a suo modo storico visto che è stata la prima volta in Inghilterra che un colosso dell’online ha stretto accordi con un potenziale competitor “tradizionale”. Dopo la sperimentazione dai 150 punti di ritiro iniziali si è passati a 650, poco meno della totalità del “palco” store di Argos che sono in totale 730. Sia eBay che Argos hanno guadagnato da questa collaborazione, in termini di immagine, di fiducia del cliente e, ovviamente, di business.
Ancora diversa l’esperienza di click&collect offerta ai consumatori inglesi da Westfield London, famoso negozio di abbigliamento. All’inizio di quest’anno ha lanciato un suo servizio di ritiro merci in collaborazione con il corriere Collect+ predisponendo una zona apposita nel negozio fisico. Qui i clienti possono prelevare gli abiti ordinati online, provarli in cabine ad hoc e finalizzare il ritiro oppure restituire la merce esercitando in loco il diritto di recesso. Il direttore marketing di Westfield, UK & Europe Myf Ryan ha spiegato: “Con la crescente popolarità del click & collect abbiamo l’opportunità di rispondere alle esigenze dei clienti e in ultima analisi, contribuire a fornire un’esperienza senza soluzione di continuità per i clienti che acquistano on-line e in-store. L’azione rientra in una più ampia strategia per fornire soluzioni digitali che migliorano le esperienze di acquisto dei clienti e aiuta a far crescere anche le vendite per i nostri rivenditori.”
E Asda, a Londra, offre una sua versione del click & collect ancora più originale con i punti di ritiro piazzati… presso alcune stazioni della metro, ovvero East Finchley, Harrow, Wealdstone, High Barnet, Highgate, Stanmore e Epping. Mark Ibbotson, direttore di Asda ha spiegato “Con questo nuovo servizio di click & collect, se i clienti non possono venire da noi, è Asda che va incontro alle esigenze del cliente e la metropolitana londinese ci permette di fare un grande passo in avanti sfruttando le piattaforme di scambio che sono le stazioni”. Senza contare che Asda in questo modo ha ampliato le possibilitò di contatto e di azione con gli utenti anche in zone di Londra dove registravano da anni un basso numero di clienti.
Solo pochi esempi e retailer che hanno deciso di abbracciare la filosofia del click & collect a cui si aggiungono Tesco, M&S, H&M, Burberry, Halfords, e Asos. Aziende che con questo servizio hanno reso la Gran Bretagna pioniere assoluto in Europa e non solo.
Quello che emerge da questo panorama, sottolinea IDC che ha analizzato il fenomeno, è che i rivenditori stanno cercando di superare la crisi anche attraverso una maggiore attenzione alle reali esigenze dei clienti. Clienti che chiedono sempre più un’ esperienza di acquisto integrata tra mondo online e offline, e coinvolgente al di là appunto del canale digitale o analogico utilizzato per stabilire il “contatto”. E in futuro una strategia di questo tipo sarà sempre più cruciale per la sopravvivenza e la crescita di chi vorrà fare business. E la distinzione tra commercio “online e offline” non avrà quasi più motivo di esistere.
Via Tech Economy
La crisi (e il dopo crisi) hanno cambiato le abitudini d’acquisto degli italiani: si fa la spesa via Internet, si scelgono prodotti con lo smartphone e il tablet, si resta più a casa, si compra più cibo bio ed etnico e più hi tech. Questa è la fotografia della spesa degli italiani (dopo) la crisi fatta dalla Coop.
Secondo la ricerca nel 2014, i consumi complessivi registreranno un +0,2%, un piccolo dato incoraggiante dopo sette anni di crisi in cui sono andati in fumo più di 100 miliardi di spesa. «La recessione potrebbe finire nel 2015, ma è difficile credere che i consumi torneranno ai livelli dei primi anni Duemila» riferisce in una nota il presidente nazionale della Coop, Marco Pedroni.
Le stime analizzate dalla Cooperativa Consumatori mostrano anche come gli italiani hanno saputo reagire alla crisi tornando a risparmiare - in due anni il livello dei depositi in banca è cresciuto del +1,7% - e essendo meno pessimisti (39% contro il 44% dell’anno scorso). Tuttavia lo studio evidenzia quanto la recessione ha inciso sulla mobilità degli italiani: dal 2008 gli spostamenti, in generale, sono diminuiti del 24%, quelli verso il lavoro del 23,2% (in concausa alla crescente disoccupazione), mentre quelli per il tempo libero sono crollati del 44,6%.
Siamo diventati, quindi, più stanziali: stiamo più a casa e navighiamo di più su Internet, in media ci trascorriamo 5 ore al giorno, di cui 4,40 solo sui social. Di conseguenza le spese online sono cresciute del 20,4% in quattro anni. Rispetto al resto dell’Europa, siamo quelli che riserviamo la quota maggiore di budget per comprare da mangiare e da bere (18% contro il 14% della media europea). Anche se in Italia il carrello della spesa complessiva “si è alleggerito” negli ultimi tredici trimestri, si registra però una controtendenza. Infatti nel cestino della spesa gli italiani mettono più acquisti di qualità: in crescita i cibi biologici e vegani, etnici, bevande a base di soia (+20%), prodotti “alternativi” al glutine (+18%) e gluten free (+32%).
Unico vizio? Quando si tratta di acquisti hi-tech come smartphone e tablet, non conosciamo crisi.
Via Business People
Amazon ha finalmente introdotto il suo servizio “Login and Pay with Amazon” anche in Europa e precisamente in Inghilterra ed in Germania. “Login and Pay with Amazon” è un servizio che il colosso dell’e-commerce lanciò l’anno scorso e che consente agli esercenti che possiedono un eShop di permettere ai propri clienti di effettuare il login utilizzando il proprio account Amazon. Dunque, l’account Amazon diventa una chiave d’accesso anche per molti eShop non direttamente collegati con il gigante dell’e-commerce.Un servizio che ricorda in qualche modo quello offerto da Facebook e Google che permettono ai loro utenti di utilizzare le chiavi d’accesso dei loro account per accedere a servizi terzi. Nel caso di “Login and Pay with Amazon” si presentano due importanti vantaggi, uno per gli utenti ed uno per gli esercenti. I clienti potranno dunque contare su una migliore esperienza d’uso durante gli acquisti online. Niente nuove registrazioni ma una procedura rapida e facile utilizzando i dati registrati sui propri account Amazon. Per gli esercenti invece la possibilità di poter contare su un bacino potenziale di oltre 215 milioni di clienti Amazon.
Il servizio Login and Pay può venire utilizzato non solo dal browser dei computer ma anche da smartphone e tablet pc. Pe facilitare l’integrazione negli eShop, Amazon offre agli sviluppatori API e Widget da integrare nelle propria piattaforma di e-commerce. La qualità del servizio è sempre la stessa offerta all’interno del portale Amazon e dunque “Login and Pay with Amazon” prevede anche l’integrazione di un sistema anti fronde che aiuta gli esercenti a garantire la totale sicurezza nelle transazioni dei loro clienti. Il servizio prevede per gli esercenti una piccola tassa da pagare per ogni transazione effettuata ma nessun canone obbligatorio.
L’allargamento del servizio “Login and Pay with Amazon” anche in Europa è un’opportunità anche per Amazon di incrementare il proprio business attirando a se nuove aziende interessate ad adottare questo servizio di pagamenti. La speranza è che “Login and Pay with Amazon” dopo Germania ed Inghilterra arrivi presto anche nel resto dell’Europa, Italia compresa.
Via Webnews
I consumatori sono sempre meno guidati dai giudizi social network nei loro acquisti. E' questa la conclusione di un report globale realizzato da Capgemini realizzato intervistando oltre 18.000 acquirenti digitali di 18 Paesi per capire i cambiamenti intervenuti nelle abitudini degli acquisti online. Internet si conferma in assoluto il canale preferito (anche più dei negozi fisici) a livello mondiale per perfezionare le decisioni di shopping (75% dei consumatori lo considera importante o molto importante) mentre rispetto a due anni fa i consumatori danno meno retta ai social (come Twitter e Facebook) per scoprire nuovi prodotti sui blog e partecipare alle community online riservate ai clienti dei retailer. Secondo lo studio insomma le promesse dei social media nel settore retail e dei beni di consumo non si sono materializzate .
Delusione social Le risposte ottenute a livello globale - si legge ne report - indicano non solo un declino rispetto all'edizione dello studio di due anni fa, ma dimostrano anche come i social media siano meno importanti nel percorso di acquisto rispetto ai negozi tradizionali, al Web, agli smartphone, alla posta elettronica o all'uso delle tecnologie in-store. «Nonostante la crescita del fatturato pubblicitario di Facebook e le innovazioni di marketing come il pulsante 'Buy' di Twitter - afferma Alberto Filippone, Digital Proposition Lead, Digital Customer Experience MRD di Capgemini Italia - esiste un punto interrogativo per capire dove e come i social si inseriscano nel percorso di acquisto». Il social media sarebbero in questo senso più importanti nelle fasi di 'consapevolezza' e 'scelta' (soprattutto nel caso della moda), ma molto meno nelle fasi di 'transazione, consegna e post-vendita'. Come dire si va sui social per farsi una idea ma poi l'acquisto vero e proprio avviene attraverso canali online più "tradizionali".
La rivincita del negozio fisico. La bottega vince ma solo nei mercati maturi. Almeno per ora . Nelle transazioni retail, il 72% degli acquirenti considera il negozio importante o molto importante rispetto al 67% di Internet. Solo il 14% considera meno importante il negozio fisico. Tuttavia, la maggioranza degli acquirenti (51%) indica la volontà di spendere di più in futuro sull'online che nei negozi. Completamente diverso lo scenario su mercati emergenti. Per esempio, quando si tratta di ricercare informazioni sui prodotti, confrontare i prezzi e acquistare, Brasile, Messico, India e Cina attribuiscono molta più importanza a smartphone, social media e tecnologia in-store rispetto a tutti i mercati maturi analizzati. I mercati ad alta crescita sono anche significativamente più interessati a offerte e segnalazioni personalizzate, con India (46%), Messico (40%) e Brasile (38%) che lo ritengono 'estremamente importante', in netto contrasto con i dati relativi a Regno Unito (13%), Francia (15%) e Germania (24%).
Preoccupa la gestione della privacy. A livello globale oltre un terzo dei consumatori ritiene di non disporre di informazioni chiare circa il modo in cui i rispettivi dati personali vengono utilizzati dai retailer. Le attese personali in merito sono basse: un consumatore su quattro non si aspetta che i propri retailer preferiti attingano allo storico dei rapporti al fine di fornire un servizio migliore, specialmente in Canada, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia.
Via IlSole24Ore.com
Ho ricevuto con piacere da Netcomm dei dati sulle tendenze dell’e-shopping natalizio, che testimoniano come progressivamente l’e-commerce sta entrando nelle vite degli italiani e che mi piace commentare nell’ottica della rivoluzione digitale che sta avanzando, talvolta senza clamore ma inesorabilmente.
Infatti si conferma in crescita il numero d’italiani che acquisteranno online almeno un regalo per amici:9,2 milioni di individui acquisteranno almeno una parte dei propri regali di Natale online, a fronte dei 7,2 milioni che hanno utilizzato il canale eCommerce nel periodo natalizio 2013, per un controvalore stimato in 2,5 miliardi di euro.
Tra gli acquirenti online di regali natalizi si riscontra anche quest’anno un aumento di quelli definiti“Online first”: salgono infatti a quota 2 milioni coloro che compreranno i propri regali di Natale principalmente o esclusivamente su internet, registrando un aumento del +35% rispetto allo scorso anno.
Il 18,6% degli acquirenti online di regali di Natale dichiara che farà meno acquisti rispetto all’anno scorso, ma ben il 34,8% degli acquirenti online di regali di Natale dichiara che farà più acquisti rispetto all’anno passato. Le categorie che ricavano maggior impulso dagli acquisti della stagione natalizia sono, nell’ordine: prodotti di Salute & Benessere, Attrezzatura sportiva, Biglietti di viaggio, Abbigliamento e scarpe, Soggiorni di vacanza.
Che cosa ci dicono questi dati? A mio avviso un primo punto è che l’abitudine degli italiani a usare più canali per i loro acquisti avanza, magari senza un certo clamore tipico di certi hype mediatici ma proprio per questo secondo me in modo più persistente. Si pensi poi ai dati sull’e-commerce da mobile, che confermano una “dieta digitale” molto più evoluta di quanto talvolta pensiamo.
Il fatto che poi l’e-commerce sia una fonte di acquisti che si abbina ad altri canali dovrebbe suonare come un forte promemoria a quei player che possono agire sul terreno dell’omnicanalità, che sempre più dovranno saper sfruttare tutte le occasioni di contatto e incanalare percorsi complessi di customer journey.
Anche nel recentissimo Osservatorio sull’Innovazione Digitale nel Retail si è dimostrato un grande interesse per l’apporto delle nuove tecnologie unito a molta prudenza, il punto è farsi trovare preparati, perché il consumatore forse va più veloce di quanto non ci immaginiamo.
Gianluigi Zarantonello via Internetmanagerblog.com
|