Ci si dà appuntamento la mattina presto, quando i cancelli sono ancora chiusi, si attende pazientemente l'orario di apertura e poi via, tutti dentro a fare shopping. Chi prima arriva, prima compra. Un po' come da Wal-Mart nel Black Friday, con la differenza che qui è molto difficile che ci scappi il morto. Già, perché tutto questo avviene nel mondo virtuale di Internet, dove l'ultima frontiera per ripararsi dalla recessione è l'outlet online. Ci si iscrive, si aspetta la email che ti convoca per il tale giorno alla tale ora, si entra, si acquista. A prezzi da discount.
Nomi ancora sconosciuti al grande pubblico come "Born4shop", "Saldiprivati", "Vente-privee" rappresentano l'avanguardia più aggressiva dell'e-commerce di casa nostra, promettono di essere l'antidoto alla crisi dei consumi. E infatti in Italia le vendite su Internet non conoscono flessione. Alla fine dell'anno segneranno un aumento del 20% rispetto al 2007 mentre in America, per fare un esempio, il colpo del "global turmoil" si farà sentire eccome: tra novembre e dicembre la crescità sarà tra lo zero e l'uno per cento, ma deve proprio andare bene.
La spiegazione naturalmente c'è, e non è di quelle più confortanti. Il primo acquisto elettronico in Italia fu un libro di Camilleri ordinato dieci anni fa dalla California, La concessione del telefono. Nonostante il titolo bene augurante (Internet viaggia sulle linee telefoniche) da allora i progressi non sono stati brillanti. E così se negli Stati Uniti sono disperati perché gli acquisti online resteranno fermi a quota 29 miliardi di dollari nel solo periodo di Natale, da noi si stappa lo champagne perché il fatturato dell'intero 2008 raggiungerà i 6 milioni di euro.
Il confronto tra l'Italia e gli Usa è ingeneroso? Guardiamo allora all'Europa: l'e-commerce francese vale tre volte il nostro, quello tedesco sei, quello inglese addirittura dieci. Insomma, siamo dei nani. Tra gli ultimi nel Vecchio Continente, come spesso avviene. Questo perché dove i consumatori non fanno differenza tra l'acquisto al supermarket e quello in Rete la crisi colpisce tutti, negozi fisici e negozi virtuali. In Italia, dove le vendite online sono appena l'1% del totale, l'impatto è molto relativo.
Ciò che sta accadendo proprio in questi giorni è tuttavia interessante. Mentre il commercio tradizionale prevede un calo dell'1,5% degli affari natalizi in quello su Internet avviene il contrario. Su lastminute.com gli italiani continuano a prenotare viaggi, come facevano negli anni precedenti, se non di più. Magari acquistando pacchetti più piccoli, da 4-5 giorni. E ibs.it venderà un terzo dei libri in più rispetto al 2007. Ancora: monclick.it (elettronica) aumenterà il proprio giro d'affari del 100%, e chi non vorrà rinunciare al bijou andrà su gioie.it dove per ogni prezioso acquistato te ne regalano un altro. E così via.
Roberto Liscia, presidente del consorzio Netcomm che raggruppa alcune tra le maggiori aziende dello shopping online, la spiega così: "La gente cerca prezzi più bassi e va su Internet, perché conviene, perché si possono comparare i prezzi e risparmiare. Infatti i volumi di vendita aumentano, e di molto, rispetto al 2007". E anche quell'1% di consumi online - assicura - sotto Natale sale parecchio.
Resta il fatto che dei 24 milioni di italiani che vanno in Rete per cercare informazioni sui prodotti solo 6 milioni fanno acquisti. Ancora pochi, per avere un vero impatto sui consumi. Così l'e-commerce, che potrebbe rappresentare un canale anticrisi, resta per il momento un'occasione perduta. Sul mercato incombe il macigno della diffidenza. Quella dei consumatori che non si fidano a usare in Rete la propria carta di credito, anche se ora un sigillo di Netcomm certificherà sicurezza e convenienza dei siti di shopping. E quella dei commercianti, soprattutto i grandi marchi, che non considerano Internet un grande affare, vista la scarsità di compratori.
L'offerta resta così assai limitata. "Un circolo vizioso che bisogna rompere - dice Alessandro Perego, professore al Politecnico di Milano - ma fare il primo passo spetta alla grande distribuzione moderna che deve entrare in campo seriamente, ne ha solo da guadagnare".
di Riccardo Liguori su Repubblica.it