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Il marketing perfetto, ma non troppo
Di Danilo Arlenghi (del 23/06/2006 @ 08:32:40, in Marketing, linkato 2976 volte)

Che il marketing non sia una scienza esatta è cosa risaputa ai più. E che non lo siano nemmeno le ricerche di mercato o i sondaggi d'opinione, sui quali troppi marketer con la sguardo al passato pongono le fondamenta per le loro decisioni strategiche e tattiche, è oggi risaputo da tutti, soprattutto dopo le recenti scarse performance degli istituti preposti, evidenziate alle elezioni politiche appena trascorse. T

alvolta dar retta solo ai numeri rende il tutto troppo matematico e meccanico, due aggettivi che poco si correlano al marketing moderno. In esso, infatti spesso 1+1 non fa 2 ma 11. Le metodologie utilizzate dalle società di indagine a volte sono inadeguate perchè basate su gruppi di ascolto, e pertanto sempre meno affidabili. L'interconnessione tra le persone non sempre è tenuto in serio conto dai questionari uguali a se stessi e senza la necessaria profondità e pervasività. Così scrive Mark Earls direttore della pinificazioone strategica di Ogilvy: "il marketing non è più sintonizzato con la nuva mentalità del business...

Gli studi di reattività del pubblico alla ricerca delle strade da imboccare assomigliano alla lettura delle viscere degli animali sacrificati da parte degli aruspici romani al fine trarne indicazioni precise sulle guerre e sulle feste. Con la stessa irrazionalità si comportano gli attuali studiosi dei comportamenti umani in fatto di acquisti.". Anche Gerald Zaltman, autore del bestseller: Come pensano i consumatori, sostiene che il nuovo marketing, pur subendo continue e radicate trasformazioni riguardo l'analisi del comportamento d'acquisto, non è ancora in grado di far esprimere ai consumatori ciò che davvero pensano. Il 95% dei nostri processi mentali ha luogo, infatti, nell'inconscio.

Per portare alla luce i desideri o i bisogni ( ciò che consiste ossia nel superfluo o nel necessario ) dei clienti si dovrà comprendere la "mente del mercato", cioè l'interazione tra i pensieri dei prospect o dei consumatori effettivi e quelli degli esperti o degli operatori di marketing, punto d'incontro tra domanda e offerta.


Quello che piace o meno dipende non solo dai gusti delle persone, ma anche dal contesto (fisico, psicologico, etc..) in cui esse si trovano, pensano, agiscono. Siamo nel cosidetto villaggio globale in cui le mode si diffondono velocemente da una parte all'altra dell'emisfero, senza apparenti link, senza comunicazione diretta, ma attraverso gli indivudui, che si influenzano a vicenda e insieme a volte coscientemente, altre volte no, cambiano i loro gusti, modificano le loro preferenze, mutano le loro idee da un giorno all'altro. Renzo Rosso, titolare di Diesel, una azienda che si è distaccata dal marketing tradizionale, in una intervista a Lorenzo Montagna ha confidato: " Facciamo quello che pensiamo sia bello e attuale, non facciamo e non faremo mai ricerche di mercato, ci affidiamo molto all'osservazione dei giovani sul campo".


L'inadeguatezza e l'imprecisione degli strumenti analitici e le rappresentazioni cognitive sono supportate da un fatto incontestabile e sl tempo stesso drammatico: la velocità dei tempi di lavoro e quella dei cambiamenti. Quandi lo shift fondamentale sarà passare dai focus group ai ai trend setter o maker, attraverso gli influenzatori ed i propagatori. Per avere il vero polso dei mercati, per antipare gli scenari commerciali, per avvedersi in tempo reale delle evoluzioni dei consumatori occorre non badare ai numeri comodamente seduti alle proprie scrivanie, ma è necessario scendere in campo, dove i consumatori abitano, vivono, comprano e consumano.

Ecco dunque l'affermarsi di nuove, adeguate e conformi alla velocità dei cambiamenti, tecniche di marketing non trazionale, non convenzionale, quali : ambient marketing, street marketing, guerrilla marketing, event marketing che intercettano i gusti, i desideri, le scelte dei consumatori acquirenti, sul campo, per strada, nei punti vendita e non attorno ad un tavolo o ad una scrivania. I consumatori, con il divenire delle generazioni, si rinnovano e modificano anche se stessi, sono più consapevoli ed attenti, più informati, chiedono soluzioni sempre più su misura, cercano più attenzione, non sopportano interruzioni, hanno poco tempo ed una vasta scelta, di conseguenza sono molto più infedeli.


Le marche devono perciò ripondere adeguatamente a questo contesto garantendo più qualità e soddisfazione, più innovazione , aggionamento ed informazione, più servizi one-to-one o meglio one-to-each, più permission marketing e più direct marketing, più promozioni che promuovano davvero i prodotti e non li uccidano e soprattutto creando più dialogo diretto ( a contatto) e relazione personalizzata. Il management Ford sentenziò: "Se non siamo guidati dai nostri clienti, nemmeno le nostre auto lo saranno". Fu antesignano del < marketing al contrario > basato sull'assunto che il capo dell' azienda sia il consumatore e che prima venga questo e poi l'azienda stessa. E' il consumatore infatti che sceglie i prodotti/servizi aziendali e non il marketing aziendale che son supponenza e poca lungimiranza crede di scegliere il proprio target.

Tra breve non si parlerà più di product o brand manager ma solo di Customer manager. Le imprese, da prodotto centriche, devono diventare cliente centriche invertendo la prospettiva classica. Sam Walton, numero uno di Wal-Mart, che la sa lunga, taglia corto dicendo:"Il cliente è l'unico che può licenziarci tutti". Meglio dunque conoscerlo, capirlo, assecondarlo ed ascoltarlo, non con gli sterili numeri dei tabulati e non dalla scrivania.