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Social media e formati: verso l’omologazione?
Di Max Da Via' (del 20/09/2021 @ 07:20:12, in Social Networks, linkato 1130 volte)

Da un po’ di tempo a questa parte si ha l’impressione che la competizione tra social media, stia animando una guerra a chi copia meglio le idee altrui, incorporandole nei propri prodotti. Ha senso questa strategia mimetica? Di questo passo i social diventeranno indistinguibili? Per capirlo ho voluto dare un’occhiata a come si è evoluta l’adozione di nuovi formati nelle diverse piattaforme.

La storia dei social e dei formati

I social media sono servizi che permettono la condivisione pubblica o semi pubblica di contenuti propri o altrui, di diverso formato, e la fruizione di contenuti.
Se ripensiamo alla loro storia, noteremo che nacquero con l’idea di permettere la creazione e condivisione di un oggetto sociale specifico – testi, foto, video – attraverso un particolare formato (qui per un’analisi dell’evoluzione dei formati digitali).
YouTube nacque per la condivisione di video, Twitter per i testi brevi, Instagram per le foto. Quindi l’oggetto sociale e il suo formato sono la cifra costitutiva del servizio. Tant’è vero che quando Flickr, il primo social per gli appassionati di fotografia a divenire popolare, decise di aggiungere la possibilità di caricare video, gli utenti protestarono e molti lo abbandonarono.

Alcune particolari tipologie di social media, invece, nacquero con l’obiettivo primario di permettere la connessione e la comunicazione tra pari, la (ri)costruzione di una rete di relazioni. Furono definiti social network perché qui la condivisione di un’oggetto sociale è importante, ma secondaria rispetto allo scopo relazionale. Friendster e Facebook nacquero per connettere amici, aNobii e Goodreads per gli appassionati di libri, LinkedIn per far incontrare domanda e offerta di lavoro e così via.

Ad un certo punto l’offerta di servizi social è aumentata a dismisura ed è diventato difficile differenziarsi perché gli scopi e gli oggetti sociali sono un numero finito. Così, molti nuovi entranti sono stati espulsi dal mercato, mentre alcuni si sono inventati dei servizi ibridi, tra intrattenimento e comunicazione, e dei nuovi formati adatti ai più giovani.
Snapchat ha inventato una comunicazione visiva basata su scatti che scompaiono e Storie, fatte di frammenti di quotidianità in sequenza.
TikTok ha scommesso su un strumenti creativi potenti per stimolare la creazione di video brevi in loop, retti da una base audio e montati direttamente con lo smartphone. Twitch ha puntato sul live video streaming, Clubhouse sulle dirette solo audio.

La strategia di copia e incorporazione

Di fronte al successo di questi nuovi entranti, gli incumbent hanno provato ad incorporare i formati più innovativi. I casi più eclatanti di incorporazione per copia sono stati tre: le Storie di Snapchat, i video brevi di TikTok e le Live Room di Clubhouse.

Oggi Facebook e Instagram, che sono i social media più popolosi, hanno incorporato tutti i formati possibili (nel grafico il colore più chiaro indica quando il testo viene usato in maniera complementare ad un formato principale, ad esempio su Instagram non posso pubblicare uno status testuale senza l’accompagnamento di una foto o di un video).
Una simile strategia stanno seguendo LinkedIn e Twitter, anche se quest’ultimo, nei giorni scorsi ha deciso di fare marcia indietro, eliminando la funzione Fleet (clone delle storie) perché poco utilizzata dagli utenti.
Gli altri servizi hanno incorporato tutti i formati video possibili ma, per ora, si tengono alla larga dall’audio (che sta per arrivare sui social di Zuckerberg e su LinkedIn). Tra questi è interessante l’approccio di Pinterest che ha creato un formato, “Idea Pins“, che è un mix di storie e video brevi (permette di creare spezzoni di contenuti diversi, ma può essere usato anche solo per video).
Per il momento Twitch e Clubhouse sono gli unici che rimangono fedeli alla loro “core idea”.

Ma ha senso questa strategia di copia o rende i social media tutti uguali?
Dal punto di vista delle aziende di social media, questa strategia mimetica è comprensibile perché risponde a due obiettivi: da un lato sottrarre elementi di differenziazione ai competitor, evitando che gli utenti migrino affascinati dalla nuova funzione, dall’altro offrire il maggior numero di possibilità espressive ai creator (quella parte di utenti che, con i suoi contenuti, attira l’attenzione di un pubblico affezionato). Ma la scelta di copiare funzioni altrui non va fatta a cuor leggero, bisognerebbe sempre evitare di snaturare l’ambiente creato nel tempo.

Dal punto di vista degli utenti l’introduzione di nuovi formati, può generare malumori in alcuni “heavy user”, ma la maggioranza tenderà ad avere un’atteggiamento opportunistico (se serviranno li userà, altrimenti non ci darà peso). Generalmente l’impatto sarà minimo perché un social medium non è l’insieme degli strumenti e dei formati espressivi che offre, ma è un ambiente sociale. Dunque l’utente tenderà a valutare l’esperienza d’uso complessiva che riflette diverse considerazioni, tra cui la facilità d’utilizzo, le persone che lo frequentano, l’utilità che ne deriva. Ecco perché anche social media meno ricchi di mezzi espressivi possono trovare la propria nicchia di utenza e continuare a prosperare.