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10 appunti per il digital marketing del 2018
Di Max Da Via' (del 21/12/2017 @ 07:30:07, in Marketing, linkato 1660 volte)
  1. Internet parallele come monopòli: Amazon, Booking, Airbnb, Whatsapp, Facebook, Netflix. Le persone ahimè sono pigre, scelgono pochi strumenti, e usano sempre gli stessi per eseguire la maggior parte delle loro attività. L’importante (per la digital strategy) è saperlo, e sfruttare la pigrizia.
  2. Mobile: la app mania è finalmente finita. Non siete diventati ricchi a botte di un euro a download. La app della vostra azienda se la sono scaricata solo gli sviluppatori. È il momento di pensare al mobile come a un layer permanente, non come a un canale, o peggio a uno strumento. Cosa siete disposti a dare per entrare nei loro smartphone?
  3. Social: ehi, vi ho già detto che il piano editoriale è morto? E che Facebook sfrutterà sempre di più il proprio monopolio? E che non ci potete fare niente se non gioire e pagare (bene) e/o distinguersi dagli altri?
  4. Programmatic: chi sarà il primo a fare la domanda “quanto costa rispetto a quanto rende“? Chi ci guadagna nel mezzo? E poi: tre cookie profilanti non faranno spiccare un banner, che è un formato fuori dagli occhi (figurati dal cell, figurati dal cuore) dei millennial (e non solo), soprattutto in mancanza del punto 6.
  5. Creatività digitale: ancora adesso partiamo dal concept. Brainstorming intersecano ciò vogliamo comunicare, sinonimi e contrari, e ardite metafore e poi la battuta. Chi è di solito assente al tavolo? Il micro-segmento di persone a cui vogliamo dire qualcosa, la loro ricompensa per starci a sentire. Il concept creativo monolito (la “big idea”) per tutti ha ancora senso nell’era digitale (vedi il punto 6)? O forse meglio un algoritmo che faccia 5000 variazioni diverse per coprire 5000 microsegmenti?
  6. Rilevanza: la pubblicità digitale, nonostante tutte le tracce che lasciamo in rete, viene concepita come ai tempi della TV, un messaggio uguale per tutti, e che in più interrompe senza niente in cambio. Quindi, non è davvero rilevante per nessuno. E questo provoca il punto 10.
  7. Stories: le stories sono ormai un linguaggio autonomo. Instagram ha in mano il futuro dei social, che sarà verticale, creativo e pop. Sarà più spontaneo ed effimero. Chi ci perde, oltre a Snapchat? I fotografi influencer patinati di Instagram, forse?
  8. Content: sempre più contenuti, sempre più affollamento. È il dilemma del prigioniero: sarebbe meglio per tutti che se ne facessero meno e migliori, “ma se poi io ne faccio meno e lui di più, io perdo e lui vince”. Così perdiamo tutti, e amen.
  9. Influencer: se servono per aumentare awareness, reputation e vendite, perché non misuriamo nessuno dei tre? Semplice: perché con i fondi di magazzino del budget digital si fa prima a cacciare mille euro a post di Instagram e sperare che succeda qualcosa. Finché dura.
  10. Adblock ed editori: ci sono molti motivi perché le persone bloccano i banner, e nessuno di questi è la cattiveria verso gli editori. Il motivo è il punto 6. E gli editori continuano a vendere i dati dei propri utenti per pochi euro a CPM che non salveranno il settore. Iniziassero a vendere prodotti per cui (una minoranza) di persone sono disposte a spendere sarebbe una internet migliore per tutti.
Via [mini]marketing