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La musica ai tempi dello streaming e di YouTube
Di Altri Autori (del 07/10/2016 @ 07:09:42, in Mercati, linkato 1735 volte)
Il Music Consumer Insight Report 2016 (pdf) è una ricerca condotta da IPSOS e finalizzata a delineare il mercato musicale dopo la grande rivoluzione che ne ha investite le strutture, il modello di business, i protagonisti, le dinamiche e gli equilibri. E la fotografia non è solo quella di un mercato profondamente cambiato, ma anche di un immaginario che va stravolgendosi rispetto a pochi anni prima.

Quello che era il ragazzino intento a scaricare MP3 su pc, oggi è diventato il ragazzino disposto a spendere pochi euro per un abbonamento legale con cui accedere a musica dal proprio smartphone. Ciò ha determinato uno spostamento dell’asse gravitazionale del mondo musicale, sempre più lontano dal desktop e sempre più incentrato sui dispositivi portatili, sul traffico dati e sulle playlist. I numeri descrivono fatti inconfutabili: il 71% degli utenti online tra i 16 e i 64 anni accede a musica legalmente e un terzo della fascia tra i 16 e i 24 anni paga per un servizio di audio streaming.

I giovani continuano ad essere fortemente attratti dalla musica e dai suoi personaggi, ma è cambiato radicalmente il canale di accesso (e pertanto tutte le dinamiche ivi correlate): la mutazione non è dunque antropologica ma meramente tecnologica, il che ha spostato le abitudini di fruizione su nuovi strumenti e nuovi servizi, ha modificato le modalità di accesso ai contenuti, ma non ha cambiato il forte feeling che l’utenza media ha nei confronti della musica. Si consuma sempre più musica, insomma, ma in modi completamente nuovi.
Il ruolo di YouTube

Uno di questi, il più diffuso, è YouTube. Il servizio, di proprietà Google, è usato dall’82% dei suoi visitatori per l’ascolto di musica: gratuito, semplice ed efficace, con l’aggiunta delle immagini per quanti vogliano aumentare il coinvolgimento nella fruizione, YouTube è diventato oggi uno degli strumenti più importanti per l’accesso ai contenuti musicali. Se lo si volesse immaginare come la MTV dei Millennials, insomma, non si andrebbe troppo lontano dalla verità.

I motivi per cui si approccia YouTube sono in molti casi legati al desiderio o alla mancata possibilità di investire in contenuti musicali: YouTube è gratis, YouTube consente fruizioni altrimenti non possibili, YouTube consente di accedere alla musica senza dover investire in anticipo su tale operazione. Il denaro è insomma alla base del modello che porta l’utenza online ad ascoltare musica su un servizio nato originariamente come la più grande ed efficiente repository video al mondo.

Ciò ha però alcune ripercussioni sulla ricchezza del palinsesto e sulla cultura musicale diffusa: la maggior parte degli utenti che utilizza YouTube per l’ascolto musicale, infatti, tende a consumare musica già conosciuta e non ha stimoli né desiderio di scoprire nuovi generi, nuovi autori e nuove passioni. Ciò va ad appiattire l’offerta, concentrandola sui grandi nomi e riducendo gli spazi per giovani artisti, generi particolari e nicchie di ascolto.
Il ruolo della musica in streaming

A questa tendenza fa da contraltare il successo dei canali di streaming a pagamento (Spotify e similari), sempre più in voga come strumenti di accesso privilegiato alla musica: la loro grande offerta, il concetto di tariffa flat e la proposta di playlist che vanno ad ampliare i gusti musicali dei singoli rappresentano il miglior spot alla musica legale nella sua complessità, facilitando peraltro anche l’incontro con autori e generi altrimenti di difficile fruizione. In Italia tali strumenti trovano linfa soprattutto sugli smartphone, che gli utenti utilizzano in due casi su tre proprio per l’ascolto musicale in mobilità. L’arrivo di device come Google Home potrebbero estendere il bacino d’utenza della musica in streaming e riportare gli equilibri verso una fruizione casalinga, ed in ogni caso premiano la musica attraverso un abbattimenti di ogni forma di resistenza alla libertà di ascolto.

La pirateria non muore e trova nuove forme espressive attraverso lo streaming ripper, ma la grande vastità di offerte (di molteplice fattura, di ogni prezzo, per raggiungere qualsivoglia tipologia di musica) sta riportando l’utenza verso un approccio legale ai contenuti. Ad avvantaggiarsene sarà l’intero comparto, al netto di alcune deformazioni nel modello di business che le case discografiche stanno da tempo discutendo con i grandi player della distribuzione online.

Via Webnews