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Obiettivo Psytech: siamo quello che clicchiamo
Di Altri Autori (del 26/08/2014 @ 07:06:42, in Strategie, linkato 1615 volte)

Nell’era digitale la nostra navigazione on line è lo specchio dei nostri gusti e delle nostre opinioni, compresi gli orientamenti politici, religiosi e sessuali: il tutto, come noto, ad uso e abuso degli utilizzatori silenziosi di questi dati a scopo pubblictario, come Facebook, Google etc. Adesso però la tecnologia sta cominciando a rivendicare il controllo di qualcosa di più profondo: la nostra personalità e le nostre emozioni.

Così, per esempio, in Gran Bretagna alcune startup tecnologiche sono già andate lontano nello sviluppare applicazioni che leggono i nostri stati d’animo e le nostre tendenze, per poi interpretare questi dati e rielaborarli in un logaritmo che consente loro di conoscerci meglio: come persone in generale, ma più in specifico come consumatori, come candidati per un posto di lavoro e così via.

Siamo nel mondo dello “psytech”, quello in cui la psicologia sposa la tecnologia del big data. La startup londinese VisualDna, per esempio, ha sviluppato dei test psicometrici: bisogna scegliere tra una serie di immagini per far emergere qualcosa di più, in positivo, sulla nostra vera personalità. Il modello di VisualDna parte da quelli che in psicologia vengono chiamati i Big Five (apertura mentale, coscienziosità, estroversione, amicalità e stabilità emotiva) associati ad altri indicatori specifici per i diversi clienti. «Capire il comportamento e le potenzialità delle persone attraverso un logaritmo è ciò che fa girare Internet. Quello delle ricerche di mercato è un business da 40 miliardi di dollari. Al momento però l’ecosistema digitale è sbilanciato a svantaggio dei consumatori che vengono studiati di soppiatto. Noi pensiamo che ci sia molto più valore nell’arrivare alle informazioni attraverso la porta principale: è una scelta consenziente dei nostri utenti fare i test visivi, digitalizzare i propri dati per assumerne il controllo ed ottenerne benefici», spiega Alex Willcock, fondatore e amministratore delegato di VisualDna.
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Se ci conoscessimo più a fondo, potremmo ad esempio sapere quali sono i prodotti, i luoghi, i servizi i film e le letture che fanno per noi, evitandoci gli acquisti sbagliati; ma ci sono casi in cui farci conoscere dagli altri per quel che veramente siamo potrebbe cambiarci la vita, soprattutto se stiamo cercando un lavoro o vogliamo ottenere un prestito bancario. Attraverso i test di credit-risk, infatti, persone escluse da un mutuo possono ribaltare il giudizio negativo dell’agenzia di credito ed avere l’opportunità di crearsi il proprio business. «Nel settore del rischio creditizio abbiamo già 100 mila profili. Rispetto ai test tradizionali usati dalle banche, la nostra metodologia ha ottenuto un incremento del 50 per cento nei crediti concessi a persone che prima non avevano alcuna possibilità di accesso al prestito, con una diminuzione del 23 per cento del tasso di default», afferma Jacob Wright, Head of Strategy della startup. A VisualDna stimano che nel mondo ci siano 2,5 miliardi di persone che sono escluse del credito. La loro missione è aiutare ad uscire dalla povertà 30 milioni di persone nei prossimi tre anni. Per questo la loro tabella di marcia è serrata: il prossimo anno opereranno in Brasile, nel 2016 sarà la volta di India, Africa, Filippine e Indonesia.

Non che VisualDna sia senza scopo di lucro, s’intende: la startup che ha 500 clienti (tra cui Mastercard ed Experia) in un anno ha duplicato i fatturati, raggiunto 160 dipendenti ed è passata dai due ai sei Paesi nei quali è attualmente operativa: Polonia, Gran Bretagna, Russia, Sudafrica, Repubblica Ceca e Turchia. Prossimo obiettivo: Amazon. «Una percentuale considerevole delle loro vendite dipende dalle raccomandazioni fatte sulla base dei prodotti che gli utenti hanno comprato. Se Amazon potesse invece conoscere chi siamo, con il nostro consenso, potrebbe farci raccomandazioni molto più efficaci, sarebbe un vantaggio per i consumtori», dice Alex Willcock. «Vorremmo lavorare più da vicino con i servizi finanziari per favorire un miglior rapporto con i loro clienti», anticipa Jacob: «Pensiamo anche che ci sia un grosso potenziale nel settore dell’istruzione e della salute. Gli studi dimostrano che a diverse personalità corrispondono diverse tecniche di insegnamento o di allenamento fisico. Abbiamo una partnership con un’azienda di tecnologie da indossare: potremo aiutare le persone a perdere peso ed essere più in forma».

Nell’universo dello psytech c’è anche il cosiddetto “affective computing”, una nuova tecnologia che cattura le nostre emozioni, guardandoci in faccia. Crowd Emotion, una startup di Londra è riuscita a mettere insieme vent’anni di ricerche neuroscientifiche in una web application che dà agli utenti la possibilità di decifrare le emozioni espresse dal volto semplicemente attraverso un browser e una webcam. Viene descritta come la prima tecnologia cloud per codificare le espressioni facciali, e a crearla sono stati due italiani: lo psicologo Giancarlo Mirmillo e il responsabile della piattaforma tecnologica Diego Caravana. Il sistema non si basa sul riconoscimento facciale (con buona pace della nostra riservatezza) ma sulla codifica dei pattern delle emozioni espresse dal nostro volto. Siamo tutti un numero, anche se con un cuore: «All’utente viene inviato un link con la richiesta di poter attivare la webcam (rigorosamente su consenso ) la quale riprenderà le sue emozioni durante la proiezione di un video. Il tutto diventa un file, un flusso di dati che poi noi analizziamo per estrarre insight utili alla comprensione dell’efficacia di un certo prodotto», spiega Diego Caravana.

Il software è già usato in Gran Bretagna dalla Bbc per misurare la risposta emotiva degli spettatori ai suoi programmi, mentre in Italia è in corso uno studio sull’efficacia degli spot di Pubblicità Progresso. «Il nostro approccio è unico perché possiamo andare oltre le sei emozioni di base (felicità, sorpresa, rabbia, disgusto, paura e tristezza) e capirne anche di molto complesse perché siamo in grado di elaborare non solo messaggi facciali ma anche vocali», sostiene Giancarlo Mirmillo.

In ultima analisi la tecnologia di CrowdEmotion è in grado di aiutarci a predire il nostro comportamento: se la persona davanti a noi tenterà il suicidio, se il nostro partner ci ama davvero o se il tizio alla frontiera è un trafficante di droga. «È una rivoluzione poter individuare le nostre emozioni attraverso la tecnologia e usarla per far comunicare le persone, anche quelle scarsamente autonome che non possono esprimersi verbalmente», afferma Caravani. «L’idea», dice da Londra il Ceo di CrowdEmotion Matt Celuszak, «è quella di usare la web application per collegare espressioni a stati d’animo, bisogni e possibili azioni da prendere. Si può utilizzare ovunque ci sia una telecamera, un registratore vocale o un sensore di movimenti per rilevare casi di depressione, quando un autista è stanco, se una pubblicità è efficace o, nel settore della sicurezza si potrebbero individuare possibili comportamenti criminali».

Per i due ideatori italiani in futuro questa tecnologia potrà dare un tocco di umanità anche a macchine come i frigoriferi, personalizzati magari sulle nostre emozioni, o rubinetti che regolano l’acqua per le persone che soffrono di Alzheimer. Importanti sviluppi potrebbero aversi nel campo della salute mentale e dell’educazione, con sistemi in grado di valutare i livelli di stress e fornire suggerimenti a chi ha problemi di apprendimento, aumentando l’autostima. «Sono progetti interessantissimi che stiamo sviluppando insieme a vari istituti», dice Mirmillo.

L’innovazione è aperta a chiunque: Crowdemotion ha appena condiviso la sua Api ( l’interfaccia di programmazione) permettendo ai clienti un’integrazione abbastanza semplice di questa funzionalità sulle loro applicazioni. Tra dieci mesi, poi, CrowdEmotion arriverà anche sui cellulari.

Via L'Espresso