L’apertura della 7° edizione dello IAB Forum ha messo drammaticamente in evidenza lo stato delle cose: Internet cresce di anno in anno, di mese in mese e quasi di giorno in giorno, ma il potere politico, economico e mediatico che potrebbe sfruttare questa crescita come volano per una ripresa del paese e un’accelerazione del tasso di innovazione dell’intero ‘Sistema Italia’ sembra non accorgersene.
Nella prima parte del suo intervento di apertura dei lavori, Layla Pavone (nella foto), presidente di IAB Italia, ha mostrato attraverso una serie di numeri e fatti incontrovertibili lo sviluppo di un mercato che, unico fra i suoi pari, continua a conquistare terreno, a crescere e a erodere quote ai competitor.
Provocatorio fin dall’apertura, lo speech si è domandato - e ha domandato alle oltre 7.000 persone iscritte online all’evento che si tiene in questi due giorni a Milano -, se Internet possa veramente risollevare le sorti dell’economia italiana.
La prima risposta è nella fotografia del popolo del web: quasi 23 milioni di utenti, pari al 43% della popolazione, concentrati al 55% nella fascia fra i 25 e i 54 anni (quindi non così giovani come si dice, o almeno non soltanto), all’88% collegati in banda larga per 50 ore al mese e 102 minuti al giorno nella fascia oraria fra le 8 del mattino e le 11 di sera.
La presidente di IAB ha quindi sottolineato “Il ruolo crescente e centrale di Internet nella ricerca di informazioni su prodotti e servizi da parte di utenti sempre più multitasking - proprio perché l’uso del web è complementare a quello degli altri media e in particolare della tv - ma al tempo stesso più volubili nelle proprie scelte d’acquisto”.
Fondamentale anche il quadro delle attività online degli italiani: 13,1 milioni (il 57% degli utenti di Internet) si informano e leggono news - e molti di loro non sono lettori abituali di carta stampata; 17,6 milioni (il 77%) partecipano ai social network e intrattengono relazioni interpersonali con i propri amici in una logica peer to peer; 18,3 milioni (l’80%) adoperano il web per intrattenimento.
“Tutto ciò - ha ribadito Pavone - richiede una riflessione approfondita sui concetti di qualità e autorevolezza dei contenuti”.
E ancora: 13,5 milioni sono gli unique viewers dei video online, un audience a tutti gli effetti di dimensioni televisive, e 11,8 milioni sono gli utilizzatori di smartphone (il 27% dei quali usa il web in mobilità, mentre il 20% utilizza la mail sul suo dispositivo).
Pavone ha quindi disegnato uno scenario ‘virtuoso’ caratterizzabile e riassumibile attraverso 7 fenomeni: la crescita del consumo dei media; la frammentazione delle audience; la partecipazione; la personalizzazione; l’evoluzione delle tecnologie; il cambiamento generazionale; e per finire, lo sviluppo di nuovi modelli di business e nuove fonti di revenue.
Di più, nel momento in cui tutte le piattaforme saranno finalmente integrate - dal pc al satellite, dal digitale terrestre televisivo fino all’Iptv - idealmente attraverso un unico set-top box, si apriranno le porte al salto successivo,
“Quello del behavioural targeting, che consentirà di seguire le persone non dipendendo dalle piattaforme ma in funzione delle loro abitudini e dei loro bisogni”.
Un’integrazione che, peraltro, sta già avvenendo sul fronte mobile.
Per quanto riguarda il 2009, Pavone conferma la stima elaborata lo scorso giugno insieme ad Assocomunicazione per un tasso di crescita del 10,5% rispetto all’anno scorso.
“Oggi siamo al +6%, ma sono convinta che l’ultimo trimestre ci permetterà di risalire e recuperare” ha detto Pavone, che non ha del resto alcun dubbio sul fatto che la crescita continuerà anche in futuro: “In particolare, grazie al sempre maggiore impatto dei rich media, misurato e certificato dalle indagini sul ricordo, potrà e dovrà crescere la quota di investimenti dedicata al branding rispetto a quanto si investe oggi nell’area del direct response.
Sarebbe anche ora di superare il luogo comune secondo il quale il clickthrough è l’unico indicatore della performance di una campagna online, cominciando piuttosto a ragionare - salvo casi specifici e particolari - in termini di acquisizione dei clienti”.
E ha proposto una metafora: come nessuno di noi vorrebbe vivere esclusivamente in una sola stanza di casa, così le aziende dovrebbero essere presenti in tutte le “stanze” del web, quella (guidata dalla distribuzione) dei portali, della search e dell’advertising online, ma anche quella (guidata dal brand) dei siti web aziendali, e quella (guidata dai consumatori) dei social network, dei blog e degli UGC…
E l’Italia resta a guardare
La parte finale del discorso, partita ancora una volta da dati reali e fatti concreti, è stata rivolta a una questione squisitamente “politica”.
“Poco più di un mese fa - ha ricordato il presidente di IAB Italia -, in Gran Bretagna si è assistito a un fenomeno storico: gli investimenti web hanno superato quelli televisivi.
Certo il mercato è diverso, ci sono meno reti tv generaliste e la BBC non accetta pubblicità, ma il dato rimane importante è va letto in termini di trend.
I fattori chiave di quel successo sono molti: lo sviluppo di nuovi formati, l’interattività, il boom dell’e-commerce e dell’offerta di prodotti e servizi online, la banda larga disponibile al 92% della popolazione e la sua penetrazione, al 76%, fra i navigatori…
Ma soprattutto una cultura che ha portato, nel maggio di quest’anno, al Digital Britain Act di Gordon Brown, che fissa proprio nella Rete e nella digitalizzazione infrastrutturale del paese le linee guida per il suo sviluppo futuro”.
Via Marketing Journal